Quando si pensava che sarei rimasto all'aeroporto “Martì” dell'Avana per sempre, l'altoparlante ha chiamato il nome del passeggero “Ciroli” (nei paesi di lingua spagnola non si scappa: o è “Ciroli” oppure “Eschiroli”), mi hanno riconsegnato il passaporto, le carte d'imbarco (con tanto di richiesta esaudita per quel che riguarda i posti) e nella sostanza mi hanno lasciato andare.
Io nel frattempo avevo ingannato il tempo, oltre che scrivendo qualcosa e leggendo la mia posta elettronica, promuovendo la mia personale crociata sul fatto che Eduardo Paret come interbase è meglio di Victor Mesa. Il venditore di panini dell'aeroporto si è al riguardo abbastanza scandalizzato e allora io gli ho ribattuto che, secondo me, è perchè è tifoso degli Industriales. Si è scandalizzato anche di più, perchè è tifoso di Santiago, dice. Ci siamo salutati convendendo che Higino Velez è un ottimo allenatore.
I giocatori di Cuba tutti ritti sull'attenti che cantano l'Inno Nazionale è l'ultima immagine che ho del torneo qualificatorio delle Americhe per le Olimpiadi di Atene. Una bella immagine, mi pare. Anche perchè mi è sembrata spontanea e non preparata.
Al di là di questo, vorrei fare un'ultima considerazione sul torneo, comparando quello che ho visto al nostro livello.
Secondo me, sei delle nove squadre che hanno partecipato sono decisamente fuori dalla portata dell'Italia in questo momento. Parlo di Cuba, Canada, Messico, Portorico, Stati Uniti e Panama. Sto parlando di “livello”, perchè come insegna la partita con Panama della scorsa Coppa Intercontinentale, una sorpresa è sempre possibile. Voglio dire che oggi, se guardiamo all'America, i paesi con cui possiamo confrontarci sono Nicaragua, Colombia, Brasile. Gli altri sono meglio di noi.
Vi state rattristando? Non è il caso. Il mio riferimento è alle generazioni in campo oggi e con un distinguo. I nati negli anni '80 (per fare nomi: i De Santis, Chiarini, Nava, Imperiali, Mazzanti, Sanna e compagnia) sono coloro che possono aiutare l'Italia e il baseball italiano a fare un salto di qualità. Non da soli, ovviamente. Necessitano dell'aiuto del movimento e della collaborazione tra struttura tecnica federale e struttura tecnica dei club nei quali giocano. Da loro però deve arrivare l'impulso decisivo. Io posso scrivere 7.000 diari, ma non batterò mai un fuoricampo (non è detto, ma semmai argomenterò su questo in altra occasione…).
Il baseball italiano è un movimento che differisce molto da quelli di paesi come la Colombia o il Brasile. In Colombia esiste una lega 'pro', ma gioca per periodi limitati dell'anno e coinvolge poche squadre. In Brasile addirittura tutta l'attività dipende dalle esigenze della Federazione. Da noi, lo sappiamo tutti, non è così. Abbiamo un campionato molto più competitivo rispetto a questi paesi e nella fase di programmazione delle esigenze della nostrta 'lega' bisogna ovviamente tenere conto.
Comunque, senza avventurarci in discorsi sui massimi sistemi, lasciatemi ribadire che io penso che l'Italia in generale si debba porre sul palcoscenico Mondiale con più umiltà, affrontando magari più spesso quelle nazioni (Sud Africa, Colombia, Brasile, Nicaragua, Olanda) che alla fine esprimono un livello mediamente simile al nostro e magari studiare quello che stanno facendo. Come primo passo, intendo. Anche perchè studiare quello che fanno i grandi potrebbe essere poco istruttivo. Il Canada si è radunato 12 giorni prima della Qualificazione Olimpica; Portorico e Messico hanno avuto a disposizione la squadra per 4 o 5 allenamenti prima di partire. Gli Stati Uniti si sono allenati un mese in Arizona, ma con che risultati lo avete visto tutti.
Insomma, scava e poi scava, stai a vedere che quelli che hanno avuto un avvicinamento più sistematico alla competizione questa volta siamo noi? E allora, cosa possiamo concludere? Lascio a voi le risposte.
Madrid mi ha riaccolto in Europa con l'euro e i prezzi ad esso connessi. Un piatto di 'jamon serrano' e una pastasciutta abbastanza scotta costano al 'self service' dell'aeroporto 'Barajas' di Madrid un bel 15 euro. Quello con cui a Panama City mi permettevo un'aragosta.
A proposito di questi simpatici crostacei, finalmente ho visto qualcuno comprarsi un'aragosta viva all'aeroporto de L'Avana e portarsela a casa. Mi chiedo che senso abbia l'operazione. Non penso infatti che chi si compra un'aragosta viva intenda allevarla nella vasca da bagno. Presumo se la voglia mangiare. Ma cucinare un'aragosta (viva) in casa è una cosa che tendenzialmente mi fa impressione. Non è meglio comprarla al supermercato? O meglio ancora in gastronomia già pronta?
Domani ricomincia la vita solita. I Vertici Federali sono al proposito minacciosissimi su tutte le cose che ci sono da fare. Vedremo. Anche il diario, naturalmente, torna a forme e cadenze ordinarie.
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