John Fante, Un anno terribile, Fazi, i tascabili, Roma, maggio 2001.
Titolo originale: 1933 Was a Bad Year, 1985
Con Un anno terribile, John Fante (1909-1983) ci riporta nella stessa atmosfera già stupendamente pennellata nella raccolta di racconti Dago Red, quella dei conflitti che gli immigrati italiani (e non solo, ovviamente) negli Stati Uniti degli Anni Trenta affrontano quotidianamente con il confronto, con la miseria, con i costumi quelli mai abbandonati e quelli mai assimilati con la diversità a tratti insopportabile, con, in fondo, loro stessi.
Questa volta l’io narrante ha un nome: Dominic Molise, ma le situazioni sono quelle classiche ‘fantiane: il padre muratore dai lunghi inverni sfaccendati e privi di redditi, la madre sfiorita e sottomessa che si preoccupa di tirare avanti la casa fra conti e debiti con la sola consolazione della propria fede religiosa, i fratelli minori, la nonna Bettina, che non ha mai lasciato con la mente Torricella Peligna e non ha mai perdonato al figlio di avergliela fatta abbandonare fisicamente.
E, su tutto, una confusa religiosità, vissuta a volte come rifugio, a volte come infatuazione visionaria, a volte come ulteriore elemento di differenza con il Nuovo Mondo ospite, ma anche una grande ‘carnalità, una forza narrativa che precipita il lettore quasi fisicamente nella storia, ad ascoltarne i rumori, ad annusarne gli odori.
Dagli scritti fra Fante e i suoi editori emerge come lo scrittore ritenesse la vicenda ‘debole, nonostante le molte riscritture, e i concetti meglio sviluppati in altre opere della sua produzione, tanto che il romanzo, nelle intenzioni dell’autore, non avrebbe dovuto essere mai pubblicato. E in effetti lo fu soltanto due anni dopo la sua morte, grazie al riordino e al recupero di tutto il materiale operato dalla moglie Joyce.
E buon per noi, perché in questa storia prende vita un protagonista assolutamente unico, un comprimario d’eccezione che a volte impersona il Miglior Amico, il Consigliere, a volte il Dono, a volte la Divina Provvidenza stessa per Dominic: è il Braccio, il suo braccio sinistro, che fa di lui il più grande lanciatore mai visto a Roper, forse in tutto il Colorado, un giorno certamente in tutto il baseball.
Ci parla Dominic, con il suo Braccio, lo cura, lo allena, lo protegge dai rigori invernali con tubetti e tubetti di Balsamo Sloan, sa che grazie a lui, soltanto grazie a lui, potrà riscattare se stesso e la sua famiglia dalla condizione di inferiorità che stanno vivendo, diventando ‘Nick Molise il più grande Mancino della Major League.
Allora non ci saranno più sguardi sprezzanti, umiliazioni, e anche Dorothy, sorella del migliore amico Ken e appartenente alla più ricca famiglia di Roper, dovrà cadere ai suoi piedi.
Tutto è sicuro, già scritto, predestinato, basta trovare quei maledetti 50 dollari necessari per raggiungere lo spring training dei Cubs e sottoporsi al tryout
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