Il baseball, più di altri sport, vive di storie, di favole da raccontare. Una di queste vede sicuramente protagonista Claudio Quisini, lanciatore 22enne del Saim Rajo Rho, ultimo in classifica nel suo primo campionato di A1, con sole 3 vittorie. Una di queste, storica, è stata firmata proprio dal giovane lanciatore milanese due week end fa allo ‘Steno Borghese di Nettuno, nel tempio del baseball italiano. E sabato pomeriggio, è stato sfiorato il bis, contro i campioni d’Italia del Bologna: 7 riprese lanciate con sole 5 valide concesse alle potenti mazze felsinee, prima che il rilievo sfortunato di Brown e qualche errore difensivo, rovinassero il sogno.
‘Già, sono state due settimane splendide, quelle passate. Sta andando molto bene, meglio di quanto potessi immaginare ammette candidamente il partente del Rho, che aggiunge : al momento, a Nettuno, non me ne ero neanche accorto. Poi, dopo la partita con Bologna ho cominciato a pensare che stavo attraversando un momento davvero straordinario.
Guardando le tue cifre negli ultimi due campionati di A2 (7.28 di media Pgl con 2 vittorie e 7 sconfitte nel 2002; 6.78 di Pgl con 4 vittorie e 3 sconfitte nel 2003) e paragonandole con quelle attuali in A1 (2.18 di Pgl con 1 vittoria e 1 sconfitta), si nota un progressivo e netto miglioramento. C’è un segreto?
‘Un segreto no, però devo sinceramente ammettere che in A1 i battitori soffrono i lanciatori come me.
Ossia?
‘Io non ho una grande palla veloce, anzi, tiro soprattutto la curva. Praticamente la mia dritta, è un cambio – sorride –. Devo migliorare molto anche negli altri lanci, ma devo dire che la curva la tiro molto bene. Non la metto ancora dove voglio, ma ho un buon controllo e riesco a piazzarla lunga l’intera area dello strike.
E le cifre, sotto questo aspetto, lo confermano: Claudio ha concesso in 45.1 riprese, 18 basi ball, ma nelle ultime due uscite, contro Nettuno e Bologna, il suo ruolino è decisamente migliorato. A Nettuno, 2 basi ball e 6 valide in 7.1 riprese; contro l’Italeri, 1 base ball e 5 valide in 7 riprese.
La difficoltà dei battitori sui lanci ‘lenti, è l’unica differenza che hai trovato nel salto di categoria?
‘Sicuramente il principale. In A2, non ci sono lanciatori che tirano la dritta sopra una certa velocità e quindi un pitcher come me, si trovava in maggiore difficoltà. In A1 sono meno abituati, per i battitori una dritta veloce in mezzo al piatto è come un cioccolatino su un vaso d’argento. In A2, certe dritte, non le vedono. E infatti, soprattutto ad inizio stagione, i nostri battitori sono andati in difficoltà soprattutto sotto questo aspetto. Il monte di lancio è la vera differenza tra le due categorie, oltre al livello del gioco in generale.
Cosa ti aspetti dal finale di stagione? Ti piacerebbe rimanere in A1?
‘Bè, a chi non piacerebbe? Purtroppo la nostra situazione è ormai negativa, anche se nelle ultime settimane siamo migliorati molti. L’esperienze delle prime giornate ci hanno rinforzati, ma ormai mancano relativamente poche giornate. Ovviamente prosegue Quisini mi piacerebbe confrontarmi ancora in questa serie, ma non sono pronto a lasciare Rho.
Come mai? Problemi di lavoro?
‘Non solo. La famiglia, la fidanzata e il mio carattere
un po’ pigro; mi piace dormire. Non è che non voglio la lasciare la squadra per affetto o riconoscenza, ma in questo momento non sono pronto. Già andare in squadre anche non lontane, come per esempio Parma o Bologna, comporterebbe un impegno molto maggiore rispetto a quello attuale.
Pigro per gli spostamenti, ma non per la Nazionale.
‘Ovvio, chi non sogna di indossare un giorno la casacca della propria Nazionale? Io continuo a lavorare e spero di essere preso in considerazione nel prossimo futuro. In fondo sono ancora giovane.
Quando è entrato il baseball nella tua vita?
‘Tantissimi anni fa a Rozzano (una cittadina a sud di Milano, ndr). Fu mio fratello Ilario, più grande di me (classe ’76, Claudio è un ’82), a iniziare per primo, io lo seguì poco tempo dopo. Avevo 6 anni e dovetti aspettare i 9 per giocare veramente. Poi, sono passato all’Assago, che poco tempo dopo si fuse con il Rho. Da lì, poi, è iniziata la scalata verso la prima squadra.
I primi passi con il fratello, poi tante partite da avversario e infine di nuovo compagni di squadra.
‘Abbiamo praticamente giocato sempre contro, perché lui ha militato per tanti anni nell’Ares. Poi lui è venuto a Rho e abbiamo cominciato a giocare insieme. Ma poco, perché lui non è fortissimo in battuta e con gente come Munoz e Gasparri davanti è difficile trovare posto. Però, quando gioco con lui in batteria, provo una sensazione fantastica.
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