Ghiretti: “per realizzare una Lega serve un progetto”

Intervista a Roberto Ghiretti, ex manager della LIRE

Tempo di elezioni, ed ogni volta ritorna in auge l’argomento Lega, senza magari avere l’idea precisa di cosa sia e cosa debba fare una Lega di società sportive.
Visto che è mio concittadino, sono andato a fare un’intervista a chi ha gestito una lega di successo, Roberto Ghiretti, che ha dato il via al progetto LIRE, Lega Italiana Rugby Eccellenza.

Brevemente, per chi non la conosce, chi è Roberto Ghiretti?
“Roberto Ghiretti è un dirigente, oggi 49enne, che quattro anni fa ha cambiato rotta ed è passato dalla dirigenza militante, soprattutto nel volley, ad aprire uno studio di consulenza in favore di enti pubblici, sportivi ed aziende. “

Il vostro maggiore incarico è quello per la Lega Rugby, esattamente in cosa consiste il vostro lavoro?
“La Lega Rugby ci ha chiesto di fare il cosiddetto ‘start-up”.
Negli anni ci sono stati diversi tentativi di costituire una lega delle società, che per un motivo o per l’altro non erano decollati.
Quattro anni fa fummo contattati da alcune squadre, che avevano già un progetto tecnico, il campionato a 10 squadre.
Il progetto consisteva nel creare un consorzio tra le società, che avesse funzione di ‘sindacato” verso la Federazione, di promozione esterna, ricerca di risorse e creazione di comunicazione, oltre che di co-marketing in accordo con la Federazione, la quale si è dimostrata molto interessata al progetto, ed ha dato il proprio benestare.
In sostanza la Federazione all’inizio non ha ostacolato, e successivamente ha favorito lo sviluppo del progetto, attualmente c’è una convenzione che gestisce i rapporti tra i due enti.”


Come sono cambiate le società, nella gestione interna, dopo l’avvento della Lega?
“La Lega ha puntato ad avere una propria identità, a fare poche cose ma fatte bene, ad essere, a differenza di quello che forse era il desiderio iniziale dei club, non uno strumento di ricerca disperata di soldi, ma uno strumento di ricerca di un percorso comune.
Quindi andare a cercare spazi per la comunicazione, risorse, ma col fine di reinvestirle, ed opportunità che consentissero ai club di essere nemici sul campo, ma ‘soci” fuori.
In questi sport ‘minori” le leghe non garantiranno mai utili, negli anni passati li ha garantiti il volley, nel basket i club pagano la struttura di lega, nel rugby non pagano, ma non ricevono, nel senso che non c’è divisione di utili.
E’ molto importante che una Lega diventi uno strumento di lavoro, deve dare servizi, identità, opportunità, forza, non essere finalizzata ai soldi, perché tutti questi sport, chi più chi meno, non avranno mai diritti televisivi o sponsor miliardari.
Le leghe devono essere finalizzate alla costruzione di un’immagine, valorizzare quello che si ha, facendo dei passi equilibrati senza allargare il ‘solco” tra i club e la nazionale.
Esiste già un ‘solco” tra questi sport ed il calcio, se poi all’interno ne viene costruito un altro tra i club e la nazionale, si crea povertà.
Il compito di una lega deve essere quello di autogestire una serie di attività, sapendo che per anni ed anni dovrà investire, con l’unico ritorno di non essere più un costo, non si può pensare che attraverso la lega arriveranno risorse interminabili, e questo il rugby lo ha capito.
Un successo della Lega Rugby è stato avere maggiore peso internazionale!”


In che modo?
“Le Coppe europee hanno un peso importante, in quanto dietro ci sono i network inglesi, e la partecipazione porta soldi, i club italiani avevano diritto al 5% del ‘dividendum”.
Avendo la Lega che funziona, avendo la Lega assistito la Federazione europea in varie trattative, anche televisive, avendo dimostrato competenza e solidità, nella trattativa per la ridivisione degli utili l’Italia ha ottenuto l’8,5%.
Tra l’8,5% ed il 5% la differenza è ben 600.000 euro!
Questi soldi non sarebbero mai arrivati se non ci fosse stata una Lega che aveva dimostrato di essere affidabile.
In ambito europeo il rugby è un caso a parte, ma la Lega ha dato solidità all’ambiente.”


Negli ultimi anni c’è stato anche un aumento di interesse dei media …
C’è stata una crescita, secondo me non proporzionata, perché manca una componente fondamentale, il pubblico.
Il basket ha una media di 3000 spettatori a partita, il volley maschile di 2200, il volley femminile di 1500, ed il rugby di 800.
Evidentemente è una media insufficiente per essere competitivi, infatti stiamo lavorando su questo con i club, per offrire un prodotto migliore e soprattutto uscire dal circolo dell’autoreferenza, dobbiamo andare più incontro alla gente.”

(Nella relazione annuale della Lega il 2005 è stato indicato come ‘anno del pubblico” per portare più gente allo stadio dopo l’interesse dimostrato per il rugby in tv. nda).
“I primi tre anni sono stato il manager, adesso il mio studio si occupa delle relazioni esterne, e la Lega ha una sua sede indipendente.
Nei primi tre anni la Lega ha cominciato a gestire degli eventi, finale scudetto, coppa Italia, all-star, oltre a vari discorsi di autofinanziamento.
Oggi la Lega ha un suo segretario, un suo responsabile eventi, un addetto al marketing, un addetto stampa ecc. (3 full-time e 2 part-time nda) è in sostanza uscita dall’incubatoio.
Nello stesso periodo anche la pallanuoto ha iniziato un discorso simile, ma è andato a monte dopo breve tempo, qui, invece, i club sono stati più uniti, più motivati, e la federazione ha dato un aiuto maggiore che non in altri sport. Ad oggi la LIRE è arrivata ad essere la quarta Lega per importanza.”


Che strategia dovrebbero avere le federazioni e le società in questi anni, in cui i metodi di gestione sono radicalmente cambiati?
“Bisogna puntare ad essere leader nel territorio, questo può consentire alle aziende di avvicinarsi alle società per diventare parte del bilancio e per svilupparsi sul territorio.
Le leghe possono essere strumenti per questo fine, le federazioni non devono vedere questo come perdita di potere, ma come strumento di gestione.
Le stesse leghe spesso fanno l’errore contrario, cioè coagulare tanti piccoli singoli interessi delle società, e non l’interesse comune.”


Cosa conosce del baseball?
“Da ragazzino andavo spesso all’Europeo a vedere le partite, uno dei miei migliori amici era Stefano Manzini!
Ricordo che è uno sport che ti consente di chiacchierare durante al partita, di stare in compagnia, di godere di emozioni ‘non continuative”.
Mi sembra sia uno sport che ha lavorato poco insieme ai club, perdendo ‘appeal” sia sul pubblico sia sulle aziende, o almeno questa è la mai impressione da Parma.
Penso che debba riflettere su quello che sarà lo scenario futuro, comunque credo che le potenzialità siano ottime, occorrerebbe un ‘restyling”. Altri sport lo hanno capito e lo hanno fatto.”


Recentemente è stata inaugurata l’Accademia del baseball, uno dei responsabili della MLB per l’Italia, Dan Bonanno, ha dichiarato in un’intervista che il baseball ‘non può essere un passatempo”, lei si sente di condividere questa dichiarazione?
“Credo che il concetto sia un altro, ovvero ‘qual è il percorso?” ‘cosa possiamo fare per migliorare il prodotto?”.
Questo è il vero problema, e dopo aver fatto un programma, sapere che bisogna investire delle risorse, e sapere dove si vuole arrivare, porsi dei limiti, capire come comunicare, vendere, e cominciare a scegliere le persone.
Ovvio che se in tale momento le parti in causa cominciano a dire ‘quello è l’uomo adatto” ‘quello è un professionista” ‘io conosco uno adatto” ‘prendiamo Ghiretti che risolve tutti i problemi”, non si va avanti.
Anche noi abbiamo partecipato a progetti che non sono decollati, per la mancanza di un piano preciso, di un percorso appunto.”


Per un resoconto dettagliato dell’attività dello Studio Ghiretti potete andare sul sito www.studioghiretti.biz

Informazioni su Davide Bertoncini 138 Articoli
Davide Bertoncini nasce il 04/12/1974 a S.Secondo (PR), in gioventù pratica gli sport più disparati, ed arriva a conoscere il baseball quasi per caso, a 23 anni dopo essere stato “costretto” da un amico a giocare in una squadra di slow-pitch.Dopo lo smarrimento iniziale Davide si appassiona al gioco e comincia seguire il baseball professionistico americano e in seguito quello italiano.Dopo un anno si ritrova, non per meriti, ma per necessità, a giocare nel “Dopolavoro Ondaemilia” squadra allenata e diretta da Riccardo Schiroli.Vista la passione crescente, Davide si propone di collaborare ad un progetto nato da poco Baseball.it , e dopo qualche mese comincia a scrivere nelle sezione dedicata al baseball USA.In seguito gli viene affidata la gestione di Softball.it, sito gemello di Baseball.it dedicato esclusivamente al softball, e segue come inviato gli Europei Juniores di Chocen ed i Mondiali Seniores di Saskatoon, oltre a vari tornei minori.

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