Abbiamo visitato ad inizio e fine corso gli impianti del Centro Coni ed abbiamo osservato allenamenti e partite amichevoli. Abbiamo anche avuto occasione di parlare con alcuni allievi ed alcuni tecnici.
Questo articolo iniziale è la prima parte del racconto di una delle ultime giornate di lavoro dell'Accademia al termine della quale si è giocata una partita amichevole tra una rappresentativa di Probabili Olimpici italiani ed una dei migliori atleti dell'Accademia, tra cui anche alcuni italiani.
Arrivo al campo alle 9.00 del mattino, i ragazzi stanno ancora facendo i primi esercizi di riscaldamento ed è uno spettacolo vedere la loro allegria nonostante sia uno degli ultimi giorni e dovrebbero essere stanchi soprattutto mentalmente. Alla fine del riscaldamento i ragazzi si dividono in due gruppi: il primo va ad effettuare un po' di batting practice, l'altro si divide in due squadre e comincia la simulazione di una partita: un coach tira il batting practice con la difesa schierata e la partita si evolve normalmente con l'inversione delle squadre quando nel box è passato un dato numero di battitori. Tra un'azione e l'altra i coach commentano le azioni e gli eventuali errori. Colpisce come spesso gli errori vengano evidenziati anche se tutto è andato, apparentemente bene: ad esempio dopo un out il coach rimprovera i difensori comunque perché nessuno ha chiamato la palla. I coach però non lesinano i complimenti quando i giocatori fanno bene il loro compito, mettono molta enfasi nei loro complimenti ed è palese che i ragazzi desiderano essere oggetto di questi complimenti e sono molto motivati a fare bene. I lanciatori invece sono tutti ad una lezione teorica tenuta da Bruce Hurst: la tentazione di andare a sentire questo seminario è forte ma il fascino del campo prevale.
Mentre osservo la partita arriva al campo Beppe Massellucci che nel pomeriggio guiderà una rappresentativa italiana contro una rappresentativa della Baseball Academy. Ci salutiamo cordialmente mi racconta di una partita analoga giocata il giorno prima e persa dagli azzurri al nono inning su errore del lanciatore su un bunt, Buona partita mi dice giocata bene tecnicamente, peccato per l'errore finale. Una tipica pecca italiana quella di perdere partite con gli errori, mi vien da pensare. Massellucci mi annuncia poi che ha chiesto a Lefebvre di dare qualche consiglio a Sgnaolin, il cui rendimento in battuta è notoriamente il suo tallone d'Achille. Lo seguo per vedere di imparare qualcosa anche io.
A fianco al campo sono stati costruiti alcuni tunnel di battuta, Lefebvre guarda Sgnaolin, che in realtà ha già visto giocare ieri. Gli fa delle domande, una tecnica tipica di questi istruttori: “Qual è un buon swing?”, Andrea rimane interdetto, “Glielo faccio vedere ?”chiede guardando Massellucci. Anche Massellucci non ha capito bene cosa intende Lefebvre. Alla fine arriva la risposta semplice, banale ma non ovvia: “Uno swing è buono se dà dei risultati e i risultati si valutano con le statistiche” e da qui parte il suo ragionamento. Piano piano si forma un gruppetto di persone, tra cui Lorenzo Romani, all'esterno del tunnel che comincia a seguire rapita la lezione. Lefebvre è un grande comunicatore prima ancora che un grande tecnico: ottimo nel dare un esempio, nel mettere enfasi nei buoni swing di Andrea, pacato e tranquillo nello spiegare gli errori. Ad un certo punto cerca di far vedere come “sentire” se uno swing è buono e propone un esercizio: mi chiede di spostarmi perché sono troppo vicino alla rete, la cosa suona strana, troppo vicino per cosa ?. Eseguo ovviamente e lui comincia a far vedere come bilanciare bene il peso sulle gambe come eseguire lo swing e poi quando vuol far vedere uno swing eseguito correttamente, fa partite la mazza come una cannonata contro la rete dove prima mi trovavo io; uno dei ragazzi seppure a distanza di sicurezza non può fare a meno di spaventarsi, tutti facciamo un salto di sorpresa. Un gran metodo per attirare l'attenzione di tutti e una potenza impressionante per un uomo di 63 anni: quale miglior modo per evidenziare l'efficacia della tecnica.
Sembrano passati pochi minuti e invece è già l'ora di pranzo: vado a mangiare nella mensa del Centro Coni e ne approfitto per fare quattro chiacchiere con dei ragazzi africani di cui vi renderò conto in un prossimo articolo. La pausa dura poco e si torna al campo per la partita. Ma questa è un'altra storia e la vedremo nei prossimi giorni.
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