Leggere "The Innocent Man" (in italiano "Innocente", edito da Mondadori) di John Grisham è un po´ come prendere un pugno nello stomaco all´improvviso. Me ne rendo conto quando il comandante del volo che mi deve riportare ad Orlando annuncia che stiamo sorvolando Albuquerque, New Mexico. A quel punto sono circa a metà delle 360 pagine del volume e i miei vicini di posto (crudelmente, l´America West Airlines mi ha piazzato nel sedile centrale) hanno perso ogni speranza di ricevere altro che monosillabi alle loro domande.
Non avevo fatto troppo caso all´uscita di questo libro, nemmeno quando Marco Landi lo aveva recensito sul sito della FIBS poco prima di Natale. Probabilmente perchè invidioso, non ho molto feeling con i cosiddetti ‘best seller e, benché sia un appassionato del processo penale anglosassone, non ho mai letto uno dei fortunati ‘legal thriller di questo ex avvocato e oggi scrittore miliardario. Ho visto un paio di film tratti dai suoi libri ("Il socio" e "Il rapporto Pelikan") e li ho sempre trovati abbastanza ricchi nelle premesse, ma alla fine piuttosto confusi e deludenti nelle conclusioni.
"The Innocent Man" è invece un capolavoro. Questo libro è scritto talmente bene che azzardo non vi sia nemmeno una parola in più del necessario. E penso sia una lettura obbligatoria per ogni appassionato di baseball che (come me) mitizza il ‘farm system inventato dai Brooklyn Dodgers mezzo secolo fa e che oggi è la prassi per i club di Grande Lega.
Ron Williamson doveva essere il nuovo Mickey Mantle. Nato in Oklahoma, battitore formidabile alla scuola superiore, Williamson era un vero e proprio eroe cittadino. Gli Oakland A´s lo misero sotto contratto appena diplomato alla High School (lo so, oggi con Billy Beane non succederebbe, perchè si legge chiaramente in ‘Money Ball che gli A´S non firmano atleti di 18 anni, specie se lanciatori), sia per le sue doti di battitore che per il suo braccio, che ne avrebbe di certo fatto almeno un rilievo, se non si fosse rivelato un battitore di spessore. La vita di Ron corre velocissima: la fama, qualche soldo, il matrimonio. Poi però le cose non vanno come lui si aspettava e battere un lanciatore ´pro´, anche se di Singolo A, diventa un´impresa difficilissima. Ron cerca di riciclarsi come lanciatore, ma ad Oakland gli danno il benservito. Inizia a bere, gli dà il benservito anche la moglie.
Dietro un angolo spuntano gli Yankees e Ron crede di poter ancora essere il nuovo Mickey Mantle. Ha male al braccio, ma lo nasconde. L´inganno dura poco e Ron è ancora lontano dai 30 anni, quando la sua carriera di giocatore è solo un ricordo.
Vivendo alle spalle della famiglia, Ron Williamson si può permettere poco e quel poco lo sperpera per farsi bello nei bar (la sua frottola preferita è spacciarsi per un avvocato di Dallas). Ha il ‘fisico del ruolo e un certo successo con le donne, che qualche anno dopo si rivelerà una maledizione.
La polizia di Ada (la sua città natale) ha a che fare da anni con un terribile omicidio, del quale non si conosce il colpevole. Una cameriera di nome Debbie Carter, in servizio presso un frequentato locale notturno, è stata barbaramente uccisa nel suo appartamento. La scena è piena di sangue, ma siamo nei primi anni ´80 e le tecniche di investigazione che lo stesso Grisham renderà celebri 15 anni dopo nei suoi romanzi non esistono ancora. Williamson, per la sola colpa di essere uno spaccone e un nullafacente che spesso si accompagna a belle ragazze, si ritrova accusato di omicidio. E diventa ostaggio di un sistema giudiziario nel quale è troppo rischioso ricevere un´accusa così pesante, se non si ha un buon avvocato. In Oklahoma c´è la pena di morte e difendere chi rischia l´iniezione letale è troppo costoso, perchè richiede un lavoro investigativo e burocratico che una persona sola non può svolgere. Si rischia di coprire a malapena le spese, se si è un avvocato d´ufficio nominato dal Tribunale.
Quando sono arrivato a metà del libro e ho cominciato a scorrere una serie di foto, mi sono sentito malissimo. Ron Williamson infatti è bianco. Lo dovevo immaginare, visto che si parlava di lui come del nuovo Mickey Mantle, ma avevo dato per scontato che fosse nero. Perchè dentro di me, evidentemente, si è fatta strada l´idea che in certe vicende in america siano coinvolti solo i neri.
Un pugno nello stomaco, vi dicevo. Che ha fatto traballare con un solo fendente la mia sicurezza di ‘liberal (come direbbero qui) dalle idee giuste, il sistema ‘a fattoria nel quale si allevano le super star di Major del domani e il sistema giudiziario americano.
Avevo quasi le lacrime agli occhi, mentre procedevo verso il parcheggio dell´autonoleggio AVIS per ritirare la solita macchina giapponese con la quale sarei rientrato all´ovile del ´Disney Wide World of Sports´. E chissà con che occhi osserverò quei ragazzi che si affannano sui campi dello Spring Training dell´organizzazione dei Braves di Atlanta, a partire da domani.
P.S. Ovviamente sono arrivato alla fine di "Innocent Man" e altrettanto ovviamente non ve la racconterò. Ma lasciatemi dire che spero che tutti coloro che sono arrivati in fondo a questo diario lo leggano quanto prima.
Fine settima puntata
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