Il sogno americano di Matteo Pizziconi

Il lanciatore mancino nettunese, diciotto anni, dal prossimo maggio esordirà in Rookie League con i Cincinnati Reds. Per lui contratto di sette anni

L’America lo aspetta, per il sogno di una vita. Matteo Pizziconi, lanciatore di diciotto anni compiuti lo scorso ottobre, a maggio (appena terminato l’anno scolastico) partirà alla volta di Sarasota (in Florida, vicino Tampa Bay) per il primo passo di quella che potrebbe essere una carriera professionistica nel mondo del baseball. Giocherà con la franchigia dei Cincinnati Reds, ed esordirà nella Rookie League.
Matteo non è il primo prodotto del vivaio nettunese che viene chiamato in America. Si è fatto notare allo scorso Europeo Juniores, quando dopo una stagione passata a curare uno squilibrio muscolare alla spalla (che ne hanno anche limitato l’impiego nell’Anzio in A2) è stato uno dei protagonisti della vittoria degli azzurrini, pitcher partente in due partite (tra cui la semifinale contro l’Olanda) e rilievo nella finale. Sal Varriale, che dei Reds è lo scout in Italia, e Jim Stoeckel, a capo dello scouting internazionale della franchigia che peraltro fu allenatore della nazionale olandese agli Europei del ’91, non ci hanno pensato due volte ed a dicembre gli hanno sottoposto il contratto di sette anni, che ha superato di gran lunga quelli delle altre squadre interessate a lui.
Mi avevano già notato all’Accademia quando c’è stato un camp, ma la mia prestazione al campionato Europeo è stato decisiva – ha detto Matteo – adesso passerò l’inverno ad allenarmi, poi a marzo partirò per la prima volta in America per un primissimo spring training. Quindi tornerò in Italia a terminare l’anno scolastico, ed a maggio comincerò con la Rookie League”. Matteo, con l’allenatore della nazionale Marco Mazzieri ha già condiviso diverse esperienze tra cui la vittoria proprio dell’Europeo Juniores, viene dall’Accademia dopo esser cresciuto nel vivaio nettunese. E già si parlava insistentemente di lui per il roster azzurro in un futuro molto prossimo. ‘La differenza tra la propria squadra e l’Accademia e che lì pensi solo al baseball, arrivi ad inizio stagione già mentalmente pronto rispetto a quando giochi con la tua squadra, ma è un ambiente dove ci si arriva solo con i mezzi che si sono creati in precedenza”.
Parlando con Matteo, scopriamo anche che tipo di lanciatore è e perché i Reds sono stati tanto invogliati ad investire su di lui per i prossimi sette anni. ‘Sono mancino, e loro hanno sempre puntato sui mancini. Il mio lancio più efficace è la fastball, che ha anche un movimento naturale che la fa molto assomigliare ad un sinker. Poi nel mio repertorio c’è anche cambio e curva, adesso sto lavorando anche a perfezionare il sinker stesso, lo slider e il cutter. Anche se sono dell’idea che basta avere tre lanci su cui contare ed alternarli bene”. Velocità? ‘Quella è la cosa che mi ha sorpreso e che ha confermato che sto lavorando bene. All’Europeo, poco dopo l’infortunio, la dritta viaggiava a 82-83 miglia, a dicembre, in periodo di off season andata ad 86-87”.
Basterà tutto questo? Certo ci sarà da lavorare duro per Matteo, perché la concorrenza è spietata e non bastano solo le doti naturali, e neanche il fatto che il proprietario dei Reds è un italoamericano e che egli stesso ne ha caldeggiato l’ingaggio. Ma l’importante che il sogno inizi, dal prossimo maggio…

Informazioni su Mauro Cugola 547 Articoli
Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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