E' scudetto. L'ottavo scudetto nella storia importante della Fortitudo Baseball Bologna arriva sul terzo successo consecutivo realizzato a San Marino. Una tripletta che chiude la serie sul 4-1, "stracciando" clamorosamente tutti i pronostici che prevedevano una estenuante maratona di sette partite.
La chiusura è trionfale. Il 16 a 2 di "garacinque" è figlio di un attacco devastante, di una squadra in salute, ancor gonfia di energia e di aggressività, capace di confezionare 18 battute valide, 15 rbi, 3 fuoricampo (Garabito, Infante, Austin) e 3 doppi. Davvero una prova di schiacciante superiorità.
San Marino, con Duran e Rovinelli in precarie condizioni fisiche, non ha più la forza e la solidità per reggere l'urto. Neppure il magico Tiago Da Silva di questa stagione è in grado di oppure una valida resistenza. I Titani hanno già speso tutto nelle prime tre partite sul filo del rasoio di un esasperante equilibrio. Accusano crudelmente il contraccolpo dopo le due sconfitte di lunedÏ e di martedÏ, nelle prime gare sul loro diamante.
Soprattutto il 7-17 di "garaquattro", con Horacio Estrada demolito, è stato un dolorosissimo pugno nello stomaco che ha messo in ginocchio il gruppo – seppure compatto – di Doriano Bindi.
Bologna è più fresca, più determinata. Motivatissima e in stato di esaltazione. Vuol chiudere il discorso e lo fa in maniera imperiosa, enorme. Si esalta. E' tremenda e spietata. Non concede al San Marino neppure un minuto per entrare in partita. L'impatto della Fortitudo (felicemente sponsorizzata da UGF Banca per queste finali-scudetto) è terribilmente aggressivo, roba da far tremare i polsi a Da Silva e alla sua difesa. Si parte con un clamoroso back to back, primi due uomini del lineup bolognese fanno volare la pallina oltre la recinzione. Cinque lanci di un Da Silva evidentemente freddo (e con il braccio non più fresco dopo il superlavoro di questi playoff) e due homerun da 1 punto. Prendono fuoco le mazze del leadoff Eddy Garabito e del compagno di squadra che immediatamente lo segue nell'ordine di battuta, Juan Carlos Infante. In un attimo è 2-0.
San Marino riesce tuttavia a limitare i danni: Da Silva stringe i denti, non si disunisce, bravo a non concedere nessun altro punto in un avvio cosÏ difficile. Il giovane pitcher italobrasiliano si destreggia con una certa ablità nel secondo e terzo inning, aiutato da una difesa che propone belle giocate di Wiliam Vasquez e di David Sheldon. Però sul quarto assalto di Bologna, Da Silva deve soffrire, costretto a concedere 3 singoli (Angrisano, Mazzuca autore di un interessante batti e corri con Angrisano, poi Pantaleoni) e a subire altri 2 punti. 4-0.
Il fuoricampo del sempre bravissimo Vasquez (uno che non s'è arreso mai) al quarto inning e il punticino di Sheldon al 5ù su volata di sacrificio di Seth La Fera (dopo un doppio di Snijders) fanno riprendere colore e coraggio al gruppo di Bindi. Sul 2-4 la partita si potrebbe riaprire. Si potrebbe…
In realtà non succede. La Fortitudo alza la voce, intensifica il ritmo, esercita fortissima pressione su Mauro Schiavoni (rilievo di Da Silva) il quale ad un certo punto smarrisce completamente la zona dello strike, al punto da concedere 6 basi su ball (oltre a 4 valide) in 2 riprese lanciate. Lucena, terzo lanciatore schierato dal manager di San Marino, fa quel che può. Ma è un inning – il settimo – da 4 punti per Bologna, con la complicità anche di un lancio pazzo (Schavoni) e di due errori della difesa sammarinese (il catcher Snijders e il terza base Sheldon). Il punteggio sale sull'8 a 2. La Fortitudo sente di avere lo scudetto in pugno. Anche perchÈ sul monte il suo Yulman Ribeiro continua a lavorare bene, con diligenza, con apprezzabilissimo controllo.
Gli ultimi due inning si trasformano in un incubo per San Marino, con Pedro Orta travolto: su di lui, n 1.2 rl, 7 battute valide (fra cui un fuoricampo da 2 punti di Richard Austin, un doppio sempre per mano dello stesso inarrestabile Austin, un doppio di Bidi Landuzzi) e 6 punti. In totale l'attacco di Bologna, assolutamente travolgente, firma 12 punti nei suoi ultimi tre assalti. Il San Marino, scomparso, non può fare altro che stare a guardare. Malinconicamente. Scucendosi dalle casacche lo scudetto tricolore vinto un anno fa nella serie finale contro Nettuno.
Una punizione forse eccessiva, sicuramente ingenerosa per la squadra del Titano, interprete comunque di un'altra ottima stagione. Chiude con una brutta sconfitta, però merita applausi e complimenti per quel che ha prodotto in questi mesi. E' arrivata un po' ammaccata alle ultime partite. Ha avuto un De Biase un po' sotto tono. Soprattutto, non ha avuto niente, proprio niente, nel box di battuta da Ardley Jansen: 0 su 18 nelle cinque partite della serie finale. Neppure una battuta valida. E allora, c'è da riflettere: sicuramente (guardando alla squadra delle stagioni scorse) è stato un errore rinunciare al veterano James Buccheri, personaggio carismatico, soprattutto un vincente.
La Fortitudo afferra questo scudetto con pienissimo merito. Per mesi ha espresso un baseball di apprezzabilissima qualità. Seppure con un roster corto. S'è trovata costretta ad affrontare il round robin (l'intero girone di semifinale) senza un giocatore straordinario come Carlos Infante, s'è trovata sull'orlo dell'eliminazione dopo quella sconcertante sconfitta accusata a San Marino (dal 9-0 al 9-10!), ha avuto la solidità mentale e la compattezza per reagire e riprendere – dopo due sconfitte consecutive – la strada del successo. Ha eliminato la Telemarket Rimini, che era considerata la favoritissima nella corsa allo scudetto. Quando ha recuperato Infante ed è tornata ad essere al completo, la squadra di Marco Nanni ha di nuvo prodotto il suo baseball migliore. Recuperando totalmente serenità, coraggio, equilibri, personalità.
Claudio Liverziani, 8 battute valide in cinque partite con un fuoricampo,1 doppio, 8 basi su ball, 1 colpito e una sicurezza difensiva disarmante per gli avversari, è stato votato l'MVP della serie finale.
Straordinario, Claudio. Davvero un giocatore "unico": Un'altra stagione chiusa a 1000 di media difesa.
Ma strepitoso è stato anche il campionato di Eddy Garabito, mister utilità, un giocatore che sa giocare bene in ogni parte del campo e capace di fare sempre la cosa giusta, sia in attacco sia in difesa. E grande la stagione di Carlos Infante (ieri sera 3 su 4, con un homerun), impeccabile interbase che sarà certamente molto prezioso all'Italia di Mazzieri nei Mondiali di settembre. E poi ovviamente i bombers: Richard Austin, tempestoso fuoricampista, e Juan Pablo Angrisano roccioso catcher (il migliore d'Italia) e efficacissimo produttore di "punti battuti a casa". Ma è un trionfo che porta tante firme: da Matos a Moreno, dall'enorme Betto di questi playoff a Ribeiro, a Milano, da Mazzuca a capitan Frignani che chiude con il titolo di campione d'Italia una importante carriera, da Pantaleoni a Landuzzi diventato un esterno sinistro fortissimo e scopertosi anche eccellente battitore nelle finali dove è stato un uomo in più in un lineup devastante.
Per Marco Nanni, dopo le beffe e le frustrazioni degli anni scorsi, ecco il primo meritatissimo scudetto da capoallenatore (ne aveva vinti due da assistente di Mazzotti). Per Roberto Radaelli è il terzo titolo tricolore da pitching coach.
Concludo proponendovi un "numero" particolarmente significativo, che non ha bisogno di commenti: la Fortitudo 2009 ha battuto in questa stagione la bellezza di 51 fuoricampo! Spaventoso.
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