Signori, tutti in piedi e applaudire. Il teatro del baseball italiano saluta uno dei suoi attori più bravi, una grande persona prima ancora del grande giocatore raccontato dai numeri. All'età di 40 anni, compiuti lo scorso 17 giugno, Gigi Carrozza ha detto basta. L'ex battitore designato della Telemarket Rimini si è trasferito nella sua Matino dove ha cominciato la sua nuova attività lavorativa e quindi l'ultima stagione nella lunga e luminosa carriera di Carrozza resterà quella del 2009 con la casacca dei Pirati. Novecentotrentatre partite in serie A, 1054 valide, 97 fuoricampo. Mancavano soltanto tre homer per entrare nel club dei cento: "Non sono molto bravo con le statistiche ma confesso che quello era un traguardo a cui miravo. E' vero mancava poco, purtroppo è anche vero che adesso è molto più difficile buttarla fuori rispetto a dieci anni fa, e questo per i grandi passi avanti che ha fatto il baseball italiano a livello di lanciatori. Sono arrivato a meno 3 da un prestigioso traguardo, pazienza, mi tengo volentieri i miei 97".
L'ultimo homer Carrozza lo ha battuto allo Stadio dei Pirati nell'ultimo round-robin contro la Fortitudo Bologna, stesso avversario contro il quale il 31 maggio 2008 toccò la cima delle 1000 valide. Nel campionato appena concluso, il designato pugliese aveva fatto registrare numeri di tutto rispetto, a testimonianza che avrebbe potuto dare ancora più di qualcosa al baseball riminese e non solo: "Avevo sempre pensato che l'età giusta per smettere fosse quella dei 40 anni, se le condizioni fisiche me lo avessero permesso. E devo dire che da questo punto di vista avrei probabilmente potuto giocare ancora un paio di stagioni, ma era arrivato il momento di fare una scelta e questo era il momento giusto per farla. E poi non mi sarebbe piaciuta l'idea di scendere in campo e magari non essere più all'altezza del contesto che mi circondava. Matino è casa mia, qui è dove ho trascorso la mia adolescenza, dove ho la famiglia e tanti amici, si è creata un'opportunità lavorativa proprio qui e ho preso la palla al balzo".
Questo comunque non significa che quello tra Carrozza e il baseball sia un amore tramontato, anzi tutt'altro: "Per uno che ha cominciato a stare sul campo da baseball all'età di 12 anni, è difficile pensare di farne a meno. In questi giorni sono in contatto con i dirigenti del Matino e se dovessero crearsi i presupposti per una collaborazione a livello di staff tecnico, lo farei molto volentieri. Mi piacerebbe insegnare ai ragazzi quello che ho imparato in venti anni di esperienza e devo ammettere che quello dell'allenatore è un ruolo che mi affascina e che in futuro mi piacerebbe rivestire".
Nella bacheca di Carrozza brillano cinque scudetti e quattro coppe dei campioni, senza contare due premi individuali di grande prestigio con la casacca della nazionale italiana: "Aver vinto la media battuta alle Olimpiadi del '96 ad Atlanta fu motivo di grande soddisfazione ma se devo essere sincero, sono ancora più legato al premio di miglior catcher ricevuto ai Mondiali del '94 in Nicaragua. Questo perché a livello personale ho sempre ritenuto che il mio punto debole fosse nella fase difensiva mentre con la mazza me l'ero sempre cavata bene. Ad Atlanta attraversavo un periodo di grande forma e in quella settimana riuscii a battere davvero molto bene, però l'essere stato premiato due anni prima per l'aspetto difensivo fu un qualcosa che nello stesso tempo mi sorprese e mi rese orgoglioso".
L'esordio nel 1989 con le Calze Verdi Casalecchio, poi un magico decennio con la World Vision Parma (4 scudetti e 4 titoli continentali), nel 2000 il Grosseto, poi Bologna, Reggio Emilia, Rho, Modena e infine le ultime 4 stagioni a Rimini impreziosite dallo scudetto vinto nel 2006. Tanti bei fotogrammi in un lungo romanzo vincente.
"Sicuramente i ricordi più belli sono il primo scudetto e l'ultimo. Per me che fino a due anni prima giocavo su un campo di calcio con le basi disegnate, giocare e vincere lo scudetto era un qualcosa di immenso, quasi di incredibile. Di Parma ricordo con piacere anche la Coppa dei Campioni vinta a Rotterdam, contro gli olandesi in casa loro. L'ultimo scudetto invece l'ho fortemente voluto. Avevo sempre desiderato di giocare a Rimini, soprattutto da quando conobbi Roberto Cabalisti 18 anni fa. Purtroppo allora non esisteva lo svincolo e per interessi delle società in cui militavo non potei esaudire il mio desiderio fino al 2006, ovvero non appena fu possibile trasferirmi a Rimini. Volevo provare a vincere in una squadra che non fosse il Parma dove invece avevo vinto tutto, per questo lo scudetto del 2006 fu per me una grande soddisfazione. Tra l'altro la fortuna volle che fossi proprio io ad effettuare l'ultima eliminazione (su una volata di Jairo Ramos, ndr) e fu davvero molto bello essere lì in quel momento. A Rimini ho trovato un ambiente straordinario che mi ha dato tante motivazioni, non esito a dire che se non fossi capitato in Romagna probabilmente la mia carriera sarebbe terminata prima".
Tante soddisfazioni, qualche inevitabile delusione, ma non è ai risultati che sono legate le amarezze di Carrozza: "Quando si gioca tanto, se si è fortunati a volte si vince ma più spesso si perde e ci si rimette in gioco l'anno successivo sempre con nuovi stimoli. Perciò non è da qualche risultato sportivo che sono dipesi i miei momenti più brutti ma dagli infortuni. Io non ne ho avuti di particolarmente pesanti o gravi, però il problema alla spalla mi costrinse a giocare nel '99 la mia ultima stagione da catcher. Quel ruolo mi piaceva tanto e doverlo abbandonare, per forza se volevo continuare a giocare riciclandomi in altre posizioni del campo, mi costò davvero tanto a livello psicologico e morale".
Magari tra un anno di questi tempi chiederemo a Gigi Carrozza cosa gli sarà mancato di più nel suo primo anno senza baseball, ma lui già adesso non ha dubbi: "Aldilà del baseball giocato, mi mancherà lo stare sul campo durante la settimana, le amicizie con tutti coloro che fanno parte del nostro mondo e soprattutto lo spogliatoio, gli scherzi, le risate con i compagni. Del resto ognuno ha la propria vita, la propria famiglia, i propri interessi, i propri problemi, ma il campo da baseball libera la mente e una volta lì sopra, tutti parliamo la stessa lingua".
Grazie Gigi, ci mancherai.
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