Essere lanciatore. Al centro del gioco, al centro del mondo. E sentire gli occhi di tutti puntati addosso. Dalla collinetta, con quella pallina stretta in pugno, sai che il destino della partita è legato al tuo rendimento. Guardi in faccia il battitore e comincia la sfida: tu per sorprenderlo con un lancio che non s'aspetta o per ingannarlo attraverso traiettorie velenose, lui con la mazza saldamente fra le mani per capire il tipo di lancio e vedere la pallina che arriva per colpirla forte forte o per piazzarla in un "buco" della difesa.
Essere lanciatore. E' un "lavoro" complesso, delicato, difficile. Essere lanciatore non significa semplicemente avere un braccio potente e sparare fucilate. Essere lanciatore vuol dire di più, tanto di più. Servono risorse come intelligenza, tecnica, controllo, senso tattico, solidità mentale, concentrazione, carisma.
Si lancia con il braccio. Ma, ancor di più, con il cervello. Ogni lancio è frutto di un intenso e rapido ragionamento, per cercare di comprendere – volta per volta, in ogni attimo d'una gara – qual è la cosa più giusta da fare. E la strategia da usare, in base alla situazione di quel momento e alle caratteristiche del battitore che si ha di fronte. Tutto questo, lo comprendete, richiede uno sforzo mentale enorme.
"Lanciare non è come sparare con un fucile", lo ha scritto tempo fa Dave Mc Nally mitico pitcher dei Baltimore Orioles degli anni Sessanta e Settanta. Essere lanciatore è un'arte. E di questa arte un apprezzatissimo interprete, nel campionato italiano di massima serie, è certamente Fabio Betto. L'uomo del monte. E' da oltre 16 anni che va lassù. E sa sempre cosa fare. Essenziale, freddo, sicuro. Immagine di affidabilità. Fondamentale punto di riferimento per la Fortitudo Bologna, campione d'Italia in carica.
Betto ha messo la firma, sabato notte in gara-3 fra San Marino e Bologna, sulla sua vittoria numero 100 in carriera. Lanciando 7 inning di qualità e permettendo al club biancoblù (grazie anche alla "salvezza" di Fabio Milano) di riuscire a vincere una partita nel difficile trittico contro i Titani. Betto a 37 anni e mezzo è entrato nel "club dei 100". Cioè, la classifica dei lanciatori che nella storia del campionato italiano hanno vinto da cento partite in su. Davanti a tutti c'è Rolando Cretis con 183 vittorie, al secondo posto Paolo Ceccaroli con 170. Betto è al sedicesimo posto. E ora ha nel mirino Enzo Lauri (104) e Giacomo Bertoni (105).
Fabio, una notte speciale quella di sabato. La vittoria numero 100 in carriera, tornando a far coppia con Bidi Landuzzi come ai vecchi tempi. E una Fortitudo in emergenza che artiglia il successo in rimonta. Un vortice di emozioni…
"Sì, una notte sicuramente particolare. La vittoria numero 100 è un traguardo al quale ambivo, e il fatto che sia arrivata presto – già al secondo turno di campionato – è ancora meglio. Mi toglie un po' di pressione. In verità, questo record personale non me lo sono goduto immediatamente ma ho dovuto aspettare la fine della partita. Non si sapeva se sarei stato io il lanciatore vincente oppure Milano. C'era un po' di suspense. E quando il classificatore ufficiale ha attribuito a me il successo, allora… ci ha messo del suo Radaelli: ci ha pensato il nostro pitching coach a festeggiare a modo suo la mia centesima partita vinta in carriera. Aveva provveduto a portarsi dietro bottiglie di prosecco! Era sentito da tutto il gruppo questo traguardo che dovevo raggiungere. Finalmente la centesima vittoria è arrivata. Adesso guardiamo avanti, chiudiamo la parentesi e concentriamoci sulla prossima sfida".
Ma dove può arrivare Fabio Betto? Quante partite pensi di vincere ancora? Sarai un "maestro del lancio" per quanti campionati ancora?
"Tutto quel che viene, d'ora in poi, va bene. Poi… vedremo fin dove potrò arrivare. Il mio concetto è sempre lo stesso: finchè mi diverto, finchè sto bene e finchè sarò utile alla squadra, continuerò. Dopo, quando capirò che non sarà più così, prenderò le dovute decisioni. Per il momento, qua in Fortitudo c'è un interessante progetto in atto, c'è una squadra giovane da far crescere e da portare avanti. E' una stagione importante e non semplice: cercare di riconfermarsi campioni d'Italia con un gruppo profondamente rinnovato richiederà un lavoro intenso e sostanzioso. E' la nostra nuova sfida. Andiamo avanti con determinazione per sviluppare questo progetto".
Cento partite vinte, fra le cinque stagioni di Parma e l'inizio del dodicesimo anno bolognese. Quali sono state le vittorie più importanti, quelle che ti hanno dato le soddisfazioni più grandi, quelle che ricordi più volentieri?
"I playoff dell'anno scorso, quando mi sono sentito protagonista di qualcosa di grande. A Rimini, nella vittoria-chiave della Fortitudo sul percorso del round robin, e a San Marino in gara 3 della serie finale per lo scudetto. Credo che, sul piano della gestione e della qualità, siano state le mie migliori prestazioni di sempre. Frutto di qualcosa di più meditato e ponderato rispetto a vittorie remote di quand'ero giovane".
Ci sono stati anni nei quali hai vinto 10 partite in una regular season, vedi il 2004 a Bologna, oppure eri un re dello strikeout come a Parma nel 1996 (111 K in 99 riprese lanciate). Altri momenti importanti…
"Ti dico la verità. Io il baseball l'ho sempre vissuto in maniera abbastanza distaccata dai numeri. Per me l'aspetto più importante è sempre stato andare in campo e dare il cento per cento. Fare il proprio dovere. Senza stare troppo a guardare alle cifre, alle vittorie, alle sconfitte. Logicamente adesso, anche per via dell'età che avanza, ho cominciato a dare più peso alle mie vittorie personali e a quelle della squadra".
La capacità di tenere sempre sotto controllo la situazione è una risorsa fondamentale per un lanciatore vincente. Deriva dalla tua intelligenza, dal tuo carattere? O è andata sviluppandosi con l'esperienza?
"Sicuramente riesco a mettere in pratica quel che l'esperienza mi ha portato in dote. Sono nella massima serie da diciassette stagioni. Credo d'aver visto di tutto, di più. E ho imparato a vivere le situazioni con equilibrio. A portare sul monte pensieri positivi, sempre, anche quando mi capita d'essere al cinquanta o al sessanta per cento: perché so che i miei compagni mi aiuteranno. Non mi scompongo se subisco battute dure e fuoricampo: per un attimo penso che sono stato stupido io e bravo il battitore, ma poi tutto finisce lì. Deve essere così. Ho imparato anche a sdrammatizzare le sconfitte, soprattutto se sai d'aver dato tutto te stesso: chiaro che ci sto male per un po', sono arrabbiato per un quarto d'ora, poi… un colpo di spugna e via. Si pensa al domani. Se si riesce a dare il giusto peso alle cose, e dunque senza esasperarle, si vive il tutto con più tranquillità. In fondo, questo è un gioco. Ed è importante farlo divertendosi".
Fabio, come prepari mentalmente e tatticamente una partita?
"Sempre allo stesso modo. Innanzitutto, dati gli impegni di lavoro, io lancio il sabato: ed essendo il giorno che non lavoro, chiaro che sono abbastanza tranquillo. Non seguo una preparazione tattica particolare, ad esempio non mi metto ad approfondire uno studio sui battitori che dovrò affrontare. Io faccio la mia routine settimanale in allenamento, quella che da anni mi porto dietro. Mi è sufficiente. E' importante anche prendere coscienza dello stato di forma in cui sono. Non cerco mai di andare oltre la mia soglia. Poi… aspetto il sabato. Talvolta succede che nel corso della settimana mi sento da schifo, però arriva il sabato e ho quel qualcosa in più che mi permette di salire sul monte e sentirmi bene. Non so cosa sia, ma è così. La preparazione pre-partita? Faccio venti minuti di "riscaldamento". Non un minuto di più, né un minuto in meno. Insomma, come potete contattare non faccio niente di maniacale. La concentrazione durante la partita? Anche sotto questo aspetto niente esagerazioni, niente forzature. La concentrazione mi viene naturale".
Quanti tipi di lancio usi?
"Fondamentalmente quattro: dritta, cambio, curva e slider. Poi, in questi quattro lanci ci sono delle varianti perché una pallina non sia mai uguale a un'altra, per cambiare la locazione, per non essere mai prevedibile".
In quali situazioni usi maggiormente la palla dritta?
"Per andare in vantaggio, per sorprendere il battitore quando si aspetta una breaking ball. Una cosa importante: fa parte del mio modo di interpretare il ruolo l'avere molta fiducia nel mio catcher. Raramente dico di no ad una chiamata".
Che effetto ti ha fatto sabato sera ritrovare, a ricevere i tuoi lanci, Bidi Landuzzi? Riportato all'improvviso nel suo vecchio ruolo per la contemporanea indisponibilità dei primi due ricevitori: Angrisano e Reginato
"E' stata l'altra forte emozione di una sera che per me è indimenticabile. Bidi e io, i decani di questa squadra. Lui era il catcher nei miei primi anni di Fortitudo. Arrivai a Bologna nel '99. E' nato per questo ruolo. Chiaro, era da tanto tempo che non giocava più in questa posizione e un po' si è visto. Però, è quel che gli piace fare. Ed è stata una bellissima coincidenza: io che vinco la mia centesima partita e per l'occasione viene a ricomporsi la vecchia batteria di nove-dieci anni fa. Bella storia. E' stata una piacevolissima sensazione, soprattutto rivedere con quale entusiasmo Landuzzi si è rituffato nel suo vecchio ruolo. L'ho visto ricevere con il sorriso sulle labbra, e mi ha dato ancor più tranquillità".
Quali sono stati i più grandi catchers che hai avuto in carriera?
"Non ne ho avuti tantissimi. Sicuramente ricordo volentieri Flocco a Reggio Emilia nel periodo in cui mi avvicinavo al baseball, Gigi Carrozza quand'ero a Parma, ovviamente Kelli Ramos qui a Bologna. Pablo Angrisano è un talento non indifferente dietro il piatto di casabase".
La tua curva, carica di effetti, è sempre terribilmente fastidiosa…
"Io non ho mai avuto una curva veloce e breve. La mia curva è ampia, è un lancio che riesco a controllare abbastanza bene e al quale riesco a dare due diverse velocità. Questo mi aiuta parecchio".
E il cambio?
"Lo uso prevalentemente sul battitore mancino. Ma questo è il mio quarto lancio e gli do l'importanza da quarto lancio. A volte lo doppio o posso usarlo anche tre volte di fila, ma non nei momenti decisivi".
Slider?
"E' un lancio che può essere micidiale quando sei in giornata buona. Per anni è stato il mio secondo lancio. A Parma tiravo sempre dritta e slider. Quando sto bene e sono in forma, faccio uso anche abbondante dello slider. L'anno scorso, ad esempio".
Ma qual è il lancio di Fabio Betto che i battitori soffrono di più?
"La dritta. Sì, la dritta. Perché va più piano delle altre dritte… E allora succede che i battitori, presi dalla frenesia, vorrebbero quasi sempre distruggerla. Ma evidentemente finiscono per andare fuori ritmo, non so, è una domanda che dovresti fare a loro, ai battitori che mi affrontano…".
LA CARRIERA DI BETTO – Fabio Betto è nato a Castelfranco Veneto il 25 settembre 1972. Ha scoperto il baseball grazie ai Dragons della sua città. Gioca in serie A dalla stagione 1994. Cinque anni a Parma, poi nel 1999 il trasferimento a Bologna. 100 partite vinte in carriera nella massima serie, 47 le sconfitte. Essenzialmente è un pitcher vincente per squadre importanti. Le sue conquiste. Con il Parma: 3 scudetti, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 2 Coppe Italia. Con la Fortitudo Bologna: 3 scudetti. 3 Coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana. Con la maglia azzurra della Nazionale ha partecipato a due Olimpiadi, Atlanta 1996 (sesto posto) e Sydney 2000 (sesto posto). Inoltre, è stato campione d'Europa con l'Italia nel 1997 e nello stesso anno ha preso parte alla Coppa Intercontinentale (sesto posto). Presente al Campionato Europeo del 1999 (secondo posto).
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