Non scordatevi degli azzurri che vincono…

Prendendo spunto dall'ultima infelice gara della Ferrari, il quotidiano "La Repubblica" ha scritto che l'Italia non sa più vincere e che è la Nazione dei perdenti. Dimenticando le imprese della Nazionale di baseball

E' il lunedi dopo la beffarda giornata di Abu Dhabi. Sto leggendo "la Repubblica" e ci sono due titoli che colpiscono la mia attenzione lasciandomi immediatamente e decisamente perplesso. "La nazione dei perdenti", in prima pagina, introduce l'articolo di opinione di Emanuela Audisio che prosegue a pagina 47 sotto un altro titolo che ripropone il concetto: "L'Italia che non sa più vincere".
Si prende chiaramente spunto dall'ultima infelice e sfortunata gara della Ferrari, e da quel titolo mondiale Piloti colpevolmente e beffardamente scivolato via dalle dita. Già sorpreso e stupito da una titolazione così aspra, tagliente, severa, drastica, vado a leggere il "pezzo". Con tutto il rispetto per una grande e apprezzata giornalista come la Audisio.
Ma dopo le prime righe rimango ancor più confuso. Anzi, attonito. Leggo frasi del tipo "questo non è un Paese per chi vince", "è la fine della specie Italia", "l'Italia affonda nella sua piccola mentalità, non è più capace di essere prima, di affermare la sua diversità sportiva". E giù un elenco di eventi sportivi dove gli italiani non sono riusciti ad essere protagonisti: il flop della Nazionale di calcio ai Mondiali di Sudafrica, poi il risultato deludente degli azzurri del volley ai Mondiali di Roma e di quelli del basket che ai Mondiali hanno fallito la qualificazione, accennando anche alla Nazionale maschile di scherma che a Parigi non ha vinto neppure un oro (ma un argento sì). Fino a mettere in mezzo perfino Valentino Rossi, che non ha vinto il titolo.
Vero. Indubbiamente il 2010 non passerà alla storia come uno degli anni più esaltanti dello sport italiano. Niente di strano, può succedere che ci sia un anno meno vincente e felice di altri che l'hanno da poco preceduto. Ma… affermare che il miracolo sportivo dell'Italia è finito, o comunque far capire che siamo in declino, mi sembra un po' esagerato. Una forzatura.
A parte che il marchio Ferrari è famoso ovunque e che la Rossa di Maranello è l'orgoglio italiano nel mondo (i numeri parlano chiaro: 215 Gran Premi vinti nella sua prestigiosa storia, 16 Campionati del Mondo Costruttori conquistati e l'ultimo risale al 2008, dunque non a un secolo fa…, nonché 15 titoli Mondiali Piloti) la Ferrari quando non vince, spesso si piazza al secondo posto. Competitiva. Come quest'anno con Alonso. E allora, si vuol far passare per deludente una stagione così? Mi sembra assurdo. Intanto, non si può vincere sempre. Secondo punto: bisogna tener conto anche della concorrenza, che è sempre più agguerrita.
Nell'elenco degli italiani "perdenti" di questo 2010 l'articolo di "Repubblica" inserisce anche Valentino Rossi. No, questo proprio non si può. Valentino in stampelle (dopo la frattura di tibia e perone) che afferra la moto e corre, e corre con coraggio, e si fa rispettare meravigliando il mondo (tra l'altro anche con una spalla sfasciata…), è un personaggio unico. Eroico. Del quale essere fieri. E se c'è un uomo che è l'immagine in assoluto del "vincente", è proprio il centauro di Tavullia. Il mitico 46 che tutti ci invidiano (9 titoli mondiali in carriera e 105 Gran Premi vinti). L'articolo di Repubblica prosegue con una impressione: è come se allo sport italiano non importasse più di mettersi il Paese sulle spalle e di portarlo in alto. Queste cose sarebbero da raccontare a Federica Pellegrini o a Tania Cagnotto. Strepitose agli Europei di nuoto e tuffi, a Budapest. In Ungheria la Pellegrini è salita sul podio più alto nei 200 stile libero (ed è corretto ricordare e sottolineare anche le straordinarie performance realizzate ai Mondiali di Roma del 2009), mentre la tuffatrice di Bolzano ha vinto due "ori". E Giuliano Razzoli? Campione olimpico a Vancouver nello slalom. E' avvenuto nel 2010, il 27 febbraio. E Razzoli è italiano, reggiano di Castelnovo ne' Monti.
E poi, e poi… nell'articolo di "la Repubblica" ci si è dimenticati di accennare – almeno – ad una squadra azzurra che nel 2010 è andata alla grande. Ed è stata vincente. Chi è? L'Italia del baseball. Che ha conquistato il titolo di campione d'Europa in luglio a Stoccarda. Non ancora soddisfatto, il gruppo di manager Marco Mazzieri ha prodotto cose ancor più belle, recentemente. In un importante e qualificatissimo appuntamento a livello mondiale come la Coppa Intercontinentale, a Taiwan, gli azzurri del "batti e corri" sono stati capaci di battere le Nazionali di Paesi dove il baseball va fortissimo ed è professionistico: Giappone, Corea, Taiwan. Oltre ai due successi su Nicaragua e Thailandia. Perfino i "maestri" cubani hanno tremato contro Chiarini e compagni. Il terzo posto finale ha dato all'Italia del baseball la sua prima storica medaglia in una competizione della Federazione mondiale. Un'impresa, quella degli azzurri di Mazzieri. Ma snobbata. Passata abbastanza inosservata. E chissà se quelli di "Repubblica" ne sono a conoscenza…
Questo 2010 è stato un anno importantissimo per la Nazionale di baseball. Ha raccolto grandi risultati, che avrebbero meritato d'essere maggiormente pubblicizzati, reclamizzati e celebrati. Non è accaduto, e la colpa è proprio – soprattutto – del nostro baseball. Perché? Perché è un piccolo mondo che ancora non ha capito il valore delle parole "comunicazione" e "pubbliche relazioni". E che pertanto non è capace di proporre bene il proprio prodotto agli organi di informazione.
Ma gli addetti ai lavori, e gli appassionati di baseball, non si domandano mai: perché nei quotidiani nazionali e ai telegiornali si parla tantissimo di rugby, mentre di baseball quasi nulla?

Informazioni su Maurizio Roveri 192 Articoli
Maurizio Roveri, giornalista professionista, è nato il 26 novembre 1949. Redattore di Stadio dal 1974, e successivamente del Corriere dello Sport-Stadio, fino al gennaio 2004. Iscritto nell'Albo dei giornalisti professionisti dal luglio 1977. Responsabile del basket nella redazione di Bologna, e anche del pugilato. Caporubrica al Corriere dello Sport-Stadio del baseball, sport seguito fin dal 1969 come collaboratore di Stadio. Inviato ai campionati mondiali di baseball del 1972 in Nicaragua, del 1988 in varie città d'Italia, del 1990 a Edmonton in Canada, del 1998 in Italia, nonché alle Universiadi di Torino del 1970 e ai campionati Europei del 1971, del 1987, del 1989, del 1991, del 1999. Dal 2004 al 2007 collaboratore del quotidiano "Il Domani di Bologna" per baseball, pugilato, pallavolo.  

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