Comincio l'analisi di gara7 con una… provocazione: e se il San Marino avesse calcolato tutto? Se – consapevole di possedere una straordinaria forza d'urto in attacco con la quale prendere (o riprendere) in pugno in qualunque momento il destino della finale – avesse programmato di portare questa serie scudetto fino all'ultimo round? Per renderla più emozionante e spettacolare. Alla luce del 10-1 di ieri sera (una gara senza storia) si sarebbe indotti anche a fare questa constatazione. Ho visto San Marino giocare da… San Marino. Per la prima volta nella serie. Duro, solido, concreto, cinico, potente. Inesorabile. Anche in altre partite ha prodotto molto nel box di battuta, però magari aveva concesso qualcosa di troppo. Stavolta no. Stavolta ha concesso solo briciole, e forse neanche quelle. Bravi i lanciatori, una diga in difesa Granato e Pantaleoni (da lì non si passava). Altre volte l'avevo visto gigioneggiare, il San Marino. E anche "suicidarsi" come in gara1. Stavolta la concentrazione del gruppo di Bindi è stata totale.
Insomma, è come se il San Marino avesse aspettato l'ultimissima partita – quella decisiva, quella dal maggiore pathos – per fabbricare la "partita perfetta".
E' come se il San Marino avesse voluto allungare la serie, provocando una maggiore suspense, per poi fare la voce grossa e chiudere con i colpi del KO.
Ripeto, è soltanto una "provocazione". Non dico che sia andata davvero così, mancherei di rispetto nei confronti del Nettuno e del suo orgoglio, del suo coraggio, del suo grande sforzo. Anzi: è tale la stima che ho per questa temeraria banda (capace di emozionare e di divertire con lo spirito ribelle dei suoi monelli tutti nettunesi, con il suo baseball aggressivo, con le prodigiose rimonte) che non ho alcuna esitazione a definire la Danesi la "squadra dell'anno". Alla vigilia della stagione, questo Nettuno – tornato nelle mani di Ruggero Bagialemani perché potesse recuperare il vero spirito nettunese – proponeva un potenziale da squadra da quinto posto. Si ipotizzava, vero, che avrebbe potuto battagliare aspramente per conquistarsi un posto nei playoff. Ma senza certezza. Il roster appariva corto. Nel gruppo tanti giovani e conseguentemente era un Nettuno con limiti di esperienza (stranieri a parte). Poi, una identità da recuperare dopo i fallimenti delle due stagioni precedenti. Insomma, era un Nettuno tutto da scoprire. Sulla carta, c'erano quattro squadre considerate meglio attrezzate. Strada lunga, dunque, da percorrere. Strada che è stata presto in salita, per via degli infortuni di Beppe Mazzanti, di Juan Camilo, successivamente anche di Carlos Richetti. Contrattempi che hanno reso ancor più difficile il lavoro di "costruzione" di Bagialemani e del suo cast. Al termine di un difficoltoso girone d'andata, il Nettuno viaggiava con 11 partite vinte e 10 perdute. Strada facendo, questo gruppo è cresciuto: sul piano dell'organizzazione, della mentalità, delle motivazioni, dell'identità tecnica. Ha lottato, ha faticato, ha sofferto. Aggrappato all'orgoglio. La svolta? Quella lunga notte riminese del 16 luglio quando, in rimonta, la banda di Bagialemani artigliò un 10-9 al decimo inning, dopo essere stata "sotto" 1-6 dopo i primi quattro attacchi dei Pirati. Con quella vittoria il Nettuno si meritò i playoff. E poi, il round robin cominciato con una partita vinta e con quattro sconfitte. Sembrava fuori. Sembrava… A quel punto Kelli Ramos, Caradonna, Ambrosino, Sparagna e compagni hanno realizzato il capolavoro: cinque vittorie di fila, con un clamoroso sweep ai danni del Cariparma. E ancor più clamoroso, quell'avvio di Italian Series con due vittorie allo stadio di San Marino. E in campo dei ragazzi che non avevano mai giocato una finale-scudetto!
Alla fine, il titolo di campione d'Italia l'ha conquistato San Marino. Perché doveva andare così. Perché questa squadra era stata programmata e costruita per vincere. Tuttavia, resta la favola di questo Nettuno "fatto in casa" che da… cenerentola (o quasi) è arrivato lontano, dove nessuno immaginava, rendendo a lungo la vita dura ad un avversario decisamente superiore nell'espressione tecnica.
I TITANO BOMBERS – Dunque, lo scudetto 2011 è andato alla formazione più forte. La favorita. La squadra con il maggiore potenziale. Squadra con tanti uomini di classe, con "vecchi draghi" carichi d'esperienza, con battitori tempestosi. E' la squadra che ho definito – qualche tempo fa – i "Titano Bombers". San Marino è un gruppo che ha confezionato nelle 58 partite giocate in questa stagione qualcosa di straordinario come 54 fuoricampo, 9 tripli e 103 doppi. Per un totale di 166 battute extrabase. Fantastica, clamorosa la media-battuta fatta registrare nella serie finale da Jairo Ramos: 625.
Ieri sera, nella partita-scudetto, San Marino ha colpito duro. Quando ha voluto. Un homerun di Duran e uno di Pantaleoni. Doppi di Duran, Albanese e due di Francesco Imperiali. Una grande dimostrazione di forza e di personalità, contro un Nettuno che le migliori energie le aveva già lasciate sul campo delle prime cinque battaglie. Ripresentandosi sul diamante sammarinese di Serravalle, il gruppo nettunese non ha avuto la forza per prodursi in altre rimonte. Ha segnato appena 3 punti, fra gara6 e gara7. Apparendo ormai sgonfio. E orfano – inoltre – di Olmo Rosario e di Carlos Richetti (ma per loro colpe…). Il San Marino ha fatto tremendamente sul serio nelle ultime due sfide, soprattutto ieri sera. Non permettendo mai al Nettuno di prendere fuoco.
Carlos Duran, il venezuelano che l'anno scorso firmò l'impresa di vincere la Tripla Corona al termine della regular season ("numero uno" per media battuta, punti battuti a casa e per fuoricampo), è risultato alla fine di questo campionato il primo fuoricampista del San Marino. Con 10 homers.
Complimenti a tutti i giocatori del San Marino Baseball. Complimenti a manager Doriano Bindi, umile, silenzioso e vincente. Complimenti alla dirigenza e alla sapiente gestione. Complimenti particolari a Mauro Mazzotti e alle sue scelte di mercato. Ha debuttato così, con lo scudetto, nel ruolo di general manager. Dopo essere stato quattro volte campione d'Italia come allenatore, alla guida di Rimini (1999), Bologna (2003 e 2005), Grosseto (2007). Andando avanti di questo passo, verrà il giorno che Mazzotti vincerà uno scudetto anche da Presidente.
DA SILVA SU TUTTI – E' stato nominato Anthony Granato come MVP della serie finale. A indicarlo sono stati (così è stato riferito) i giornalisti. Quali? Rispetto la scelta, anche perché Granato è veramente un grande giocatore e un esempio di professionalità. La mia opinione, però, è differente. Io credo che il riconoscimento di "most valuable player" dell'Italian Series lo meriterebbe Tiago Da Silva. Perché è stato enorme sul monte di lancio. Ha fatto la differenza. E passerà alla storia per quelle due "partite complete" nello spazio di nove giorni, in particolare per l'incredibile resistenza dimostrata venerdì in gara6 dove ha effettuato 158 lanci (tirando 110 strikes). Senza accusare alcun calo di tensione né di concentrazione. Togliendo tante certezze al mondo nettunese. Da Silva è l'unico, fra i lanciatori delle due squadre, ad essere stato utilizzato in tre "partenze". E presumibilmente avrebbe vinto anche gara1. Di sicuro era lui il "vincente" quando venne tolto al sesto inning, nella pazza partita del 26 agosto…
IL PUBBLICO – Tremila spettatori ieri sera allo stadio del baseball di San Marino. Forse è un record per la piccola Repubblica del Titano, o comunque una rarità. E' stata una serie con un bel pubblico (ma è sempre così quando è coinvolta Nettuno: la "città del baseball" è una garanzia sotto questo aspetto). Però… i Federali non debbono farsi belli per il pubblico dei playoff. Farebbero bene invece a riflettere sul "deserto" degli impianti di IBL1 durante le partite di regular season. Riflettano su partite con 60 spettatori (sì, è successo), con 75 spettatori, 90, 100. E una media di circa 200-250. Non va bene. Il campionato dev'essere attraente sempre.
IBL SACRIFICATA – Il rischio è che nel 2012 le cose potrebbero andare anche peggio. Il presidente della FIBS ha annunciato che i Campionati Europei saranno in programma ai primi di settembre! Inorridisco. Ma chi è che ha fatto una scelta simile? Sapete che cosa significa? "Castrare" il campionato. Comprimere i playoff, poiché tutto dovrà finire attorno al 20-22 agosto. Vale a dire, la Italian Baseball League "Prima Divisione" finirà proprio quando… dovrebbe entrare nel suo periodo più appassionante.
Possibile che, ancora una volta, il campionato di massima serie debba venire sacrificato? Verrà anticipato l'inizio, si sente dire. Ah, pensate che gusto le notti d'inizio aprile quando si andrà al baseball con il giaccone, col freddo, l'umidità e probabilmente la pioggia!
Chiaro, la Nazionale è importante. Chiaro che si debbono trovare i tempi, gli spazi per l'attività internazionale della squadra azzurra.
Ma il baseball italiano farà il salto di qualità soltanto quando avrà un grande campionato. La massima serie deve essere la vera importante "vetrina" del movimento. Ebbene, che vetrina può mai essere un campionato di quattro mesi e mezzo? E che nel tempo migliore dell'estate finisce?
Il baseball è un prodotto da proporre, da diffondere, da "vendere". Un prodotto che deve generare risorse, che deve conquistare pubblico e catturare sponsor. E invece…
Un campionato che dovesse durare appena quattro mesi e mezzo (e che al 20 di agosto fosse già in vacanza) non avrebbe credibilità. Avrebbe il sapore di sagra paesana. Rischierebbe di perdere anche quei pochi sponsor che ha. Sbagliato. Sbagliato. Sbagliato.
Il baseball italiano ha necessità di portare più gente – e con regolarità – negli stadi. Per farlo, bisognerà arrivare a proporre un prodotto attraente, credibile, spettacolare. E dunque un campionato "principale" con un maggior numero di squadre, con più città coinvolte, con più mesi di attività. E con un lavoro più intenso a livello di comunicazione. Tutto il resto, viene dopo. Se non si arriverà a compiere questo salto di qualità, il campionato italiano continuerà a vivacchiare nel suo piccolo mondo.
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