Leonardo Mazzanti, cronaca di un ritorno

L'esterno nettunese torna alla base dopo due stagioni vissute a Grosseto. "L'età non conta, contano gli stimoli". Il futuro tra campo e il progetto dell'Accademia

Una settimana ancora e poi si ricomincia con una nuova stagione. L'ennesima di una carriera che nel giro di tre anni ha avuto due belle svolte. E' sabato pomeriggio, infatti, quando nel dugout di terza base dello Steno Borghese incontriamo Leonardo Mazzanti. Qualche convenevole di rito con lo sguardo rivolto al diamante vuoto, una presa di Skoal ciascunoi da assaporare sotto al labbro e allora sì, possiamo dirlo, è tornato alla base. E' tornato alla Caffé Danesi Nettuno dopo due stagioni a Grosseto, dove ha contribuito in qualche modo alla causa della formazione maremmana. Tanto che l'intenzione della dirigenza era proprio quella di confermarlo. Vero?

"Tutto vero, sino a qualche giorno fa ero ancora in contatto con loro per il 2012 in biancorosso. Grosseto mi aveva richiesto e la cosa non può che farmi piacere, perché evidentemente c'è chi apprezza le mie qualità. Infatti il progetto della nuova dirigenza era quello di investire moltissimo sui giovani, ma ruotando comunque intorno a tre-quattro elementi di esperienza. Tra questi c'ero io. Ed infatti sino all'ultimo hanno cercato di farmici far parte".

Come sono stati questi due anni in Maremma?

"Sicuramente sono stati due anni positivi. Inizialmente non godevo di molto credito, c'è sempre una forte rivalità tra le due piazze, senza dimenticare che qualcuno dalle tribune dello Iannella rumoreggiava quando mi vedeva. Alla fine sono riuscito a dimostrare in campo quello che valgo, vincendo lo scetticismo".

E allora, da cosa nasce questo ritorno?

"Mi ha voluto Bagialemani. Era una sua idea quella di farmi tornare in squadra, e di farmi chiudere la carriera qui. Un'idea che si è concretizzata definitivamente con il nuovo anno, ma già da tempo ero in una sorta di fase di stand-by e non avevo dato risposta alla proposta del Grosseto".

Torni dunque nella squadra che ti ha lanciato…

"Già. Esordii a 21 anni col Nettuno dopo che trascorsi le prime tre stagioni successive alle giovanili con l'Anzio, con Carlo Morville. Anche lì fu una bella esperienza, passammo subito dalla serie B alla A2, e poi due anni in un campionato molto più competitivo della seconda serie di adesso. Lanciavano gli stranieri e comunque il livello era più simile a quello dell'A1".

Puoi dire dunque che il passaggio fu meno traumatico, in tal senso?

"I livelli erano più vicini, e questo inevitabilmente aiuta nel salto. Mi chiamò Faraone in prima squadra nel '95, ed a San Marino alla prima partita giocai subito titolare in terza, perché Bagialemani si infortunò durante il riscaldamento. Non rimasi però in quel ruolo, venni spostato all'esterno e solo saltuariamente in terza, con tanti turni designato. La cosa bella che nel giro di tre anni vinsi praticamente tutto: la Coppa Italia del '95, lo scudetto del '96 e la Coppa dei Campioni del '97".

Certo che a Mazzanti non mancano gli allori. Tre scudetti ('96, '98 e 2001), due Coppa Italia, tre Coppe dei Campioni ('97, 2008 e 2009), due Coppa Ceb e altrettante Supercoppa Ceb. Allora cosa lo spinge ancora, a 38 anni suonati (ne compirà 39 ad agosto), a ricominciare sostanzialmente daccapo?

"E' una questione di stimoli. Io alla fine ho giocato qualcosa come 11 finali, in teoria dovrei essere appagato. Ed infatti due anni orsono andai a tentare una nuova avventura a Grosseto, così come quest'anno ritorno per giocare la Coppa Campioni e vincere qualcosa".

Certo, parafrasando il basket, la sensazione è che il tuo minutaggio tenderà ad essere basso…

"Di questo ne sono ovviamente consapevole, so anche che il progetto iniziato lo scorso anno con i giovani in primo piano proseguirà anche nel 2012. La scelta della società sotto questo aspetto è molto chiara, un po' come avvenne con il gruppo degli anni '90 molti anni fa. Sicuramente posso dare il mio contributo in termini di esperienza. Comunque sono fiducioso, perché Ruggero sa come impiegarmi, ed il verdetto alla fine lo darà il campo".

E con l'età come la mettiamo?

"L'età secondo me non deve rappresentare un vincolo, entro certi limiti, meno che mai nel baseball. Guardate allora Remigio Leal, nonostante tutto resta un giocatore eccezionale e da cui trarre esempio. Poi con gli anni io e molti altri giocatori che hanno prolungato la loro carriera abbiamo imparato a gestirci a livello fisico ed a correggere i nostri errori. Il risultato è che d'inverno sostanzialmente non ci siamo mai fermati, sono in forma nonostante gli infortuni dello scorso anno e sono pronto ad iniziare la preparazione".

Altro da aggiungere, sinceramente non c'è. Mancano due mesi abbondanti al primo play ball, tutto ancora è da costruire. Come la struttura che ci mostra orgoglioso, proprio accanto allo Steno Borghese. Si tratta della sede degli allenamenti invernali dell'Academy of Baseball, gestita da lui con altri giocatori ed ex giocatori del Nettuno. La copertura è stata posta, mancano ancora delle cose ma per l'inverno prossimo a Nettuno ci si potrà allenare al coperto.

"Stiamo investendo molto in questa struttura, da tre anni a questa parte portiamo avanti il progetto dell'Accademia e riusciamo ad avere sempre più di 100 ragazzi iscritti, di tutte le età. D'inverno si allenano, con un programma incentrato moltissimo sulla qualità, e li restituiamo alle società di appartenenza pronti per affrontare la stagione. Ma i progetti in ballo sono tanti, come il gemellaggio con una squadra Usa".

A proposito, vedremo mai un altro Mazzanti in campo?

"Beh, ho quattro figli, di cui tre maschi. Il più grande ha iniziato adesso. Chissà… Sicuramente è presto per dirlo, se anche a loro piacerà il baseball o sceglieranno altri sport. Ma non mi dispiacerebbe se almeno uno segua le mie orme…"

Informazioni su Mauro Cugola 547 Articoli
Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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