Red Sox barbuti sempre piaciuti…

Durante lo spring training alcuni giocatori di Boston decidono di farsi crescere la barba per prendere in giro il regolamento interno dei rivali Yankees. Macinano vittorie in serie e altri cominciano a non radersi. Fino alle World Series…

Nel 1938 quando i Cubs vinsero il pennant della National League contro i Cardinals, il lanciatore vincente Charlie Root si accinse subito a radersi. Anche il batboy celebrò la vittoria apprestandosi a farsi la sua prima barba, quando venne interrotto dal manager della squadra che decise di aiutarlo. Lanciatore vincente, manager e batboy che si radono insieme per i festeggiamenti, un'immagine per niente inconsueta in quei tempi.
Per la maggior parte del XX° secolo i giocatori di baseball consideravano il radersi una parte essenziale della loro autodisciplina. Babe Ruth promuoveva un rasoio con il suo nome e si faceva radere due volte al giorno per combattere la ricrescita pomeridiana, la cosiddetta "5 o'clock scado". Il mitico John McGraw ripeteva "non sarei me stesso senza il mio Gillette, specialmente quando sono in trasferta con la squadra". Nel 1968, il musical "Hair" sbarcò a Broadway e i manager della Major League proposero di proibire ai giocatori baffi, barba, basette nel tentativo di salvaguardare l'immagine del baseball di fronte ai giovani ed ai tifosi: nacque il "No Facial Hair Edict".
Quando il battitore di potenza Dick Allen si presentò con i suoi baffoni allo spring-training dei Cardinals nel 1970, subito dopo apparse sulla copertina di Sports Illustrated con il titolo "il baseball nel caos": era completamente rasato all'Opening Day. Ma dopo pochi anni, una nuova star baffuta sarebbe apparsa: Reggie Jackson arrivò al training degli Athletics suscitando clamore, ma il proprietario della squadra incentivò (anche economicamente) altri giocatori a seguire il suo esempio. Alla fine della stagione gli Athletics "baffuti-barbuti" erano 19 e vinsero la prima delle 3 World Series consecutive, mentre Jackson aveva una folta barba. Erano gli anni 70 ed ormai il tabù era infranto.
Facciamo un salto fino alla stagione 2013, da Oakland passiamo a Boston. Durante lo spring training alcuni Red Sox per prendere in giro il regolamento interno dei rivali Yankees, decidono di farsi crescere la barba. La stagione va avanti, macinando vittorie, altri giocatori cominciano a farsi crescere la barba e la squadra che l'anno prima aveva perso 93 partite (la peggior stagione di Boston dal 1965) arriva alle World Series. Mike Carp, Dustin Pedroia, Jarrod Saltalamacchia, Jonny Gomes, Ryan Dempster, David Ross, Mike Napoli. Aggiungeteci la barba curatissima del capitano David Ortiz. Ogni fuoricampo si tirano la barba a vicenda. I Sox barbuti vincono contro i Cardinals, sugli spalti tifosi altrettanto barbuti festeggiano entusiasti: parecchi bambini e donne indossano barbe finte per simpatizzare con i propri beniamini.
David Ross dice che ogni barba è come i fiocchi di neve, ognuna è unica e bella a modo suo. Barbe multietniche, barbe bianche, nere, rosse, vere, finte, barbe poliglotte. La barba come segno di libertà di espressione, come autoironia. Brian Wilson docet. P.S. Il profilo twitter di Wilson è gestito dalla personificazione della sua barba.

Commenta per primo

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.