"Era la notte di un sabato, quella del 22 gennaio 1944, quando il VI corpo d'armata delle truppe alleate, agli ordini del generale statunitense John Porter Lucas, diede vita a quella che venne chiamata l'Operazione Shingle".
Inizia con queste parole, con il ricordo dello sbarco alleato, il libro "I Nove Uomini d'oro-La grande epopea del Nettuno Baseball Club", edito da Riccardo Viola Editore e scritto dal nostro collaboratore Mauro Cugola. Il 22 gennaio ricorre il 70° anniversario di quell'evento, che segna anche la nascita dell'amore tra la città di Nettuno ed il baseball. E noi di Baseball.it, per celebrare questa ricorrenza, vi proponiamo alcuni stralci dei primi due capitoli, per gentile concessione dell'autore e dell'editore.
"Nettuno era sostanzialmente in mano al "nemico", tanto che la popolazione sopravviveva grazie a quei pochissimi generi di conforto che non erano confiscati dai tedeschi. Anche la Patrona, la Madonna delle Grazie, era stata portata in salvo a Roma, prima presso l'oratorio della Santa Scala in Laterano, quindi alla basilica di San Giovanni e Paolo al Celio. Con buona parte della popolazione sfollata altrove, alle due di notte ad accorgersi dell'arrivo delle truppe alleate fu un fornaio, uno dei pochi abitanti rimasti, che fu il primo ad udire in lontananza l'avvicinarsi dei mezzi a motore, nel pieno silenzio della notte e con Nettuno peraltro deserta per il coprifuoco imposto dall'occupazione tedesca. Poche decine di minuti dopo, il frastuono proveniente dal mare e dalla spiaggia di Torre Astura non poteva più essere confuso con i soliti bombardamenti. Era in atto un'azione militare che sarebbe passata alla storia della nostra nazione".
L'operazione, che inizialmente sembrava essere destinata al successo, anche a causa dell'eccessiva prudenza del generale Lucas perse l'abbrivio iniziale. Tanto che Roma, l'obiettivo primario, fu liberata molto dopo il previsto. Il fronte della guerra per fortuna si allontanò, ed i nettunesi poterono fare ritorno a casa, nel corso dell'estate.
"Fu un ritorno carico di significati e di commozione. Anche la gente era stremata. Alle spalle c'erano gli anni bui del fascismo, della successiva occupazione tedesca, la tragedia della guerra (anche se fu una battaglia di liberazione), gli stenti dello sfollamento e della lontananza dai posti dove era nata e cresciuta. Tornando alla propria vita di sempre, qualcuno trovò le proprie case ridotte a cumuli di macerie, i propri averi andati in fumo o spariti definitivamente. La gente di Nettuno dunque, come l'Italia, doveva ricominciare daccapo una nuova vita partendo sostanzialmente da zero.
Combattiva e tenace per propria natura, seppe rimboccarsi le maniche e guardare avanti. Per un po' di tempo al fianco proprio dei soldati statunitensi, che allo stesso tempo generavano un sentimento di ammirazione, a volte di stupore e alle volte anche di curiosità. Sino a qualche mese prima c'era stato un intero oceano a dividerli. Non solo geograficamente, ma anche culturalmente. E le cose da scoprire gli uni degli altri non erano certo poche. È vero, la realtà quotidiana in quei giorni del 1944 era una lotta di sopravvivenza e un faticoso tentativo di tornare alla normalità. Faccende decisamente serie. Eppure c'era qualcosa che non aveva niente a che fare con quanto visto sino a quel momento, e che aveva incuriosito la gente di Nettuno".
Arriva il primo contatto con il baseball, osservando i soldati nelle retrovie che nei momenti di pausa si divertivano a giocare a baseball, sport totalmente inedito che però inevitabilmente incuriosì i giovani del posto.
"Nelle retrovie, nei momenti di calma, le truppe si cimentavano in qualcosa di assolutamente sconosciuto. Ovviamente le gesta dei grandi campioni d'oltreoceano del baseball ancora non erano arrivate in Italia. All'epoca non si insegnava certo l'inglese nelle scuole, meno che mai negli anni del regime fascista, che aveva imposto con la forza un'attitudine nazionalistica spiccata e probabilmente mai realmente sentita, ma tale da portare addirittura al divieto di utilizzo di qualsiasi parola straniera. Le difficoltà della lingua, almeno inizialmente, resero così praticamente impossibile qualsiasi tipo di approccio e di spiegazione.
"Il periodo dello sbarco fu veramente molto duro per chi come me rimase a Nettuno, a due passi dal fronte. Gli americani ci aiutavano in qualche modo, ma c'era tantissima fame, e a volte in mancanza di meglio ci arrangiavamo come potevamo. Ma quello che vedevamo nelle retrovie del fronte era troppo strano ai nostri occhi. Ci chiedevamo se questi qui combattessero realmente la guerra con le armi, o con i bastoni e le palline…".
Parole di Rolando Belleudi, meglio conosciuto come "Il Cittadino", il tifosissimo del Nettuno scomparso nel maggio del 2012 e che ha seguito negli anni tutta l'epopea della squadra tirrenica. Che fa capire quanto di nuovo ci fosse nel baseball, in una nazione dove non esisteva nulla a parte calcio e ciclismo.
"A forza di vederli giocare, i ragazzi del posto però cominciarono ad essere attratti prima, e ad innamorarsi poi di questo sport. Gli americani avevano rappresentato la liberazione da un incubo, ogni cosa che i giovani di quell'epoca gli vedevano fare appariva ai loro occhi come straordinaria".
Da lì nacque tutto, una storia lunga quasi settanta anni. Nel 1945 Alberto Fasano nella Caserma della Polizia fece nascere la prima squadra di softball, seguita dalla Libertas Nettuno, composta unicamente da giocatori di Nettuno. Soprattutto tra quelli che avevano trovato lavoro presso il cantiere del Cimitero Americano, che in breve tempo ne cambiarono il nome in USMC Nettuno e sotto la guida del tenente Charles Butte vinsero il titolo italiano nel 1949.
"Ligio al dovere per quanto riguarda il suo compito principale, ovvero quello di dirigere e supervisionare la costruzione del Memoriale di guerra, fu anche quello che prima chiuse un occhio, poi autorizzò senza indugi e tentennamenti l'indispensabile utilizzo dei mezzi militari per costruire il primo storico diamante, quello che si trovava a Villa Borghese, di cui oggi all'interno del parco se ne scorge ancora qualche traccia".
Questo era Butte. Nel 1950, infine, con il cambio della guardia tra Butte e il leggendario Horace Mac Garity (detto "Il Mago"), il Nettuno diventò una squadra di baseball, e subito l'anno successivo vinse il primo titolo tricolore. Erano passati poco più di sette anni da quell'evento tragico, dall'Operazione Shingle. E fu il primo capitolo di una storia straordinaria arrivata sino ai giorni nostri.
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