Lo abbiamo scritto tante volte: il baseball è narrazione. La partita, il campionato, grandi e piccole storie che si snodano lungo le epoche, il passare delle generazioni, i ricordi sedimentati negli score, nelle statistiche, nelle cronache dei giornali, nella memoria dei tifosi. E dunque il baseball è anche narrativa: l'immediatezza dell'oralità, la letterarietà della scrittura che intesse racconti e romanzi.
Ma esiste anche una dimensione lirica del baseball. Il canto del gesto atletico, l'affiorare di una metafora nel cuore della partita, l'interiorità di un io sospeso nell'atemporalità del gioco. Nella letteratura angloamericana (ma anche in quella dei paesi caraibici di lingua spagnola) fioriscono poeti che spesso attingono dal battiecorri per i loro versi (uno fra tutti: Donald Hall). Ma è forse nella tradizione dell'haiku giapponese dove il filo tematico del baseball ha dato i migliori frutti, facendo nascere un vero e proprio sottogenere lirico di successo.
L'haiku è una forma poetica costituita da tre versi di diversa lunghezza, rispettivamente di 5, 7 e 5 more (la "mora" è l'unità fonologica di quantità -cioè di durata- di una sillaba), in cui viene rappresentato lo stato d'animo del poeta in rapporto agli elementi della natura. Tradizionalmente, in un haiku deve esserci l'accostamento di due immagini separate da una cesura (kireji) e una parola (kigo) che rimanda alle stagioni dell'anno (la menzione di un fiore, del vento, della pioggia, delle nuvole, di un uccello…). L'assenza del del kigo caratterizza invece il senryu, identico nella forma all'haiku, ma incentrato esclusivamente sull'esperienza umana e spesso di tono umoristico. Restano comunque la giustapposizione delle immagini e la cesura concettuale del kireji che conferisce alla composizione un andamento spezzato e frammentario capace di destare sottili eppure intense emozioni. Sorto dall'evoluzione di antiche forme poetiche precedenti, l'haiku acquista i suoi caratteri definitivi sul finire dell'Ottocento, proprio all'epoca in cui il baseball approda in Giappone. Fu infatti lo statunitense Horace Wilson, reduce della Guerra Civile e poi professore di quella che sarebbe diventata l'Università di Tokyo, che nel 1872 decise di insegnare ai propri studenti quello strano gioco americano che i giapponesi presero a pronunciare besuboru.
I primi baseball haiku furono composti intorno al 1880 da uno dei grandi maestri del genere, Masaoka Shiki (1867-1902):
Tama ukero / gokuhi wa kaze no / yanagi kana.
Il trucco / per prendere la pallina / il salice nella brezza
Wakakusa ya / kodomo atsumarite / mari wo utsu
L'erba giovane / ragazzini si riuniscono / per battere una palla
I baseball haiku nipponici evocano spesso la dimensione domestica del gioco, le partite fra ragazzini in un paesaggio campestre che è soprattutto il luogo dell'infanzia e dell'adolescenza. Eccone alcuni esempi contemporanei, opera di Imai Sei (n. 1950):
Guroubu wo / atama ni nosete / semi-shigure.
Cammina verso casa / con il guanto in testa / frinire di cicale.
Nirui-da to / seri negi-batake ni – iritaru wa.
Regola di campo: è un doppio / ogni palla battuta / nel campo di cipolle.
È anche ricorrente l'evocazione delle partite in notturna (il primo night game in Giappone si giocò nel 1948), l'atmosfera magica e silente del gioco al chiaro di luna, come nei versi seguenti, opera rispettivamente di Yamaguchi Seishi (1901-1994) e Suzuki Murio (1919-2004):
Naita no / soko gekai nite / mottomo mei
Partita in notturna / sul fondo dello stadio / il posto più luminoso della terra.
Gaiyashu no / kodoku ni kakari / natsu no tsuki.
Sulla solitudine / dell'esterno / la luna d'estate.
Altre volte la natura sovrasta il giocatore, il cielo sopra le nostre teste è il luogo d'incontro della realtà terrena del gioco e di quella grandiosa ma enigmatica che ci osserva dall'alto. Di nuovo Imai Sei:
Era shite / mada ushiro-muki / kumo no mine
Dopo l'errore / il giocatore resta a guardare / le nuvole che svettano sul campo esterno.
All'inizio del Novecento l'Occidente scopre la cultura giapponese. E l'haiku è fatto oggetto di studio, traduzione ed imitazione da parte di varie letterature europee. Vengono discusse e sperimentate innovazioni tese a trasportare nelle nostre lingue una poetica così distante dalla nostra come quella giapponese. Si cerca di stabilire l'equivalenza delle more con il computo sillabico della poesia romanza o quello dei piedi del verso anglosassone, ma si finisce spesso con l'accantonare la pretesa di una metrica strettamente imitativa. Rimane la possibilità di giocare sulle metafore e di attingere al repertorio tradizionale di immagini utili para il kigo. Fra i primissimi a comporre haiku in inglese fu Ezra Pound, ma negli Stati Uniti per trovare il primo baseball haiku bisognerà attendere niente meno che il grande Jack Kerouac, l'esponente della beat generation autore del romanzo On the Road (1957), che nella raccolta Blues and Haikus (1959), pubblicò i seguenti versi:
Empty baseball field / – A robin, / Hops along the bench.
Vuoto il campo da baseball / – Un pettirosso, / saltella lungo la panchina.
Da allora è sorta una vastissima produzione di baseball haiku in inglese. Nella scelta dei temi i poeti americani sembrano prediligere i momenti di sospensione del gioco, i fotogrammi che cristallizzano il gesto atletico o la pausa fra le azioni, quegli attimi nascosti nelle pieghe della partita in cui uno sguardo, un respiro, rivelano improvvisamente significati sorprendenti e occulti che solo chi ha giocato a baseball può comprendere. Vediamone degli esempi tratti dall'opera di Cor van den Huevel (n. 1931):
Geese flying north / The pitcher stops his windup / To watch.
Anatre in volo verso nord / il lanciatore interrompe il caricamento / per guardare.
The ball sky-high / As the crack of the bat / Reaches the outfield.
La palla alta nel cielo / mentre lo schiocco della mazza / raggiunge il campo esterno.
Changing pitchers / The runner on first looks up / At a passing cloud.
Sostituzione del lanciatore / il corridore in prima alza lo sguardo / verso una nuvola di passaggio.
9th inning / Moths fly around / The ballpark lights.
Nono inning / farfalle notturne volano intorno / alle luci dello stadio
The catcher cocks his arm / Halfway to third, the runner / – Hesitates.
Il catcher carica il braccio / a metà strada verso la terza, il corridore / — esita.
After the game / A full moon rises over / The left field fence.
Terminata la partita / la luna piena sorge / oltre il muro all'esterno sinistro.
Altre volte ritroviamo il motivo del baseball dell'infanzia, l'attesa del precampionato, le speranze di un padre, la serietà del gioco nel ragazzino, o semplicemente la tristezza per la fine della partita, il ciclico terminare di una stagione, che stride con la promessa di eternità di un gioco atemporale:
Baseball cards / Spread out on the bed / April rain.
Figurine di baseball / sparse sul letto / pioggia d'aprile. (Cor van den Huevel)
Rumble of thunder / The boy still looking for the ball / In the tall grass.
Un rombo di tuono / il ragazzino cerca ancora la palla / fra l'erba alta. (Lee Gurga, n. 1949)
Squinting to see him / Another generation / Sent to right field.
Aguzza la vista per scorgerlo / un'altra generazione / spedita all'esterno destro. (David Giacalone, n. 1949)
Game over / All the empty seats / Turn blue.
Partita finita / i sedili vuoti / diventano azzurri. (Alan Pizzarelli, n. 1950)
The foul ball lands / In an empty seat / Summer's end.
La palla in foul atterra / su un sedile vuoto / fine dell'estate. (Tom Painting, n. 1951)
Gli haiku di questo articolo sono tratti dall'antologia Baseball Haikiu. The Best Haiku Ever Written About The Game, edited by Cor van den Heuvel and Nanae Tamura, New York, W. W. Nortom Company, 2007. Una splendida raccolta tutta da scoprire, tutta da meditare.
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