Mi scuso in anticipo se a qualcuno queste brevi note sembreranno troppo, "da bolognese", e spero che invece in tanti tali non le considerino. In effetti vorrebbero essere solo alcune citazioni prese dai precedenti delle finali-scudetto.
Partiamo, in ogni caso, da un dato di fatto: dopo le prime due partite, oggi, Rimini conduce per due vittorie a zero. E sul piano dell'impiego dei lanciatori, quelli che ha, probabilmente a Munoz meglio di così non poteva andare. E questa è cronaca.
Non sarà facile per Nanni raddrizzare la barca. Lo dice appunto storia delle finali-scudetto su sette partite, dove otto volte chi è andato sul "due a zero" si è poi aggiudicato il titolo di campione d'Italia. In due casi con un cappotto: Rimini 4- Nettuno 0 del 1988 e del 2000. In altrettanti alla bella: Grosseto-Rimini del 1986 e Rimini-Nettuno del 1999.
C'è anche già stato però chi alla fine ha perso, partendo con due vittorie in tasca.
Senza andar tanto lontano è successo proprio alla Fortitudo nel 2010 col Parma, quindi l'anno dopo al Nettuno col San Marino.
Più indietro nel tempo poi, nel 2001, al Rimini col Nettuno. In quel caso si arrivò in gara-tre a metà del sesto inning con la Semenzato sul 4 a 0 a favore, a Nettuno: sembrava fatta, e invece venne per i riminesi una successione di quattro sconfitte in fila e conseguente "quattro a due" nella serie per la Danesi.
E nel 2013 ancora è toccato al Rimini, contro il San Marino, addirittura in una serie su cinque partite e che quindi di possibilità ne concedeva meno: dal "due a zero" al "due a tre".
Uno "zero a tre" (Nettuno-Rimini 1988, Parma-Nettuno 1996, Nettuno-Rimini 2000 e 2002, Rimini-San Marino 2013) invece è sempre stato un buco da cui non è mai uscito nessuno.
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