Il baseball è uno sport che più di ogni altro si presta a storie particolarmente interessanti. Può succedere infatti che a tanti anni di distanza si ribaltino determinate situazioni come quella che vide un grande Pirata di fine anni '80 come Rick Waits (scudetto da lanciatore nel 1987 e 1988) andare poi a vincere lo scudetto da manager a Parma nel 1994 e 1995, tra l'altro con una ex bandiera di Rimini come "Ciga" Ceccaroli alle sue dipendenze come giocatore. A ben oltre vent'anni di distanza il discorso si è ribaltato con "Pepita" Munoz, bandiera del Parma prima da giocatore (quasi certamente per rendimento il miglior position player straniero mai sbarcato in Italia) e poi da manager con tanto di tricolore 2010, andare a fare le fortune dei Pirati con uno storico centro al primo anno da capo allenatore nel dug-out riminese.
E la sensazione provata da Orlando Munoz è stata davvero unica: "Sì è stato qualcosa di diverso e molto forte – racconta il manager neoscudettato – vincere da allenatore e farlo a Rimini dove lo scudetto mancava da nove anni. Quando fui chiamato dal presidente Zangheri ero tranquillo e accettai con piacere la sfida, come deve fare un professionista. Poi non nascondo che durante il cammino un po' di tensione è salita soprattutto quando mi veniva ripetuto da chiunque incontravo, che a Rimini non si vinceva da nove anni e che negli ultimi tre lo scudetto era sempre sfuggito per un niente. Devo dire che lo staff tecnico mi ha dato una grande mano e con il presidente si è creato davvero un bel rapporto. Mi ha subito accolto come un figlio e mi ha fatto stare tranquillo. Lui ci tiene tanto alla squadra, è da tantissimi anni nel mondo del baseball e sa come vanno le cose. All'inizio temevo un po' questa figura ma poi dopo averlo conosciuto ho saputo apprezzare il suo carattere. Vincere da allenatore è molto diverso che da giocatore. Prima ero in campo e lì ti puoi gestire da solo mentre da fuori ti mangi le unghie. Ma è stato bellissimo lo stesso".
E poi Munoz a Rimini non avrebbe mai potuto essere "solo", visto che come "dipendenti" c'erano diversi ex compagni di squadra ai tempi del Parma: "Sì, all'inizio soprattutto Bertagnon e Zileri mi hanno parlato dell'ambiente di Rimini e anche loro mi hanno aiutato a stare tranquillo. Va detto che per tanti anni ho giocato in Venezuela dove c'erano 25.000 persone che ti tiravano di tutto dalla tribuna, quindi un po' di esperienza ce l'avevo. Ma anche grazie a Desimoni, Macaluso, Corradini e Cesar Heredia, che era con me ai tempi di Modena, si è formato subito un bel gruppo ed è stato mantenuto fino alla fine".
Passando ai momenti salienti della stagione, la svolta è stata sicuramente dopo il pericolosissimo doppio ko di Padova nel ritorno playoff. Lì qualcosa è successo in meglio: "E' cambiato tanto. Tutti pensavano che a quel punto Rimini fosse fuori, invece abbiamo parlato in maniera chiara con tutta la squadra ed è scattato qualcosa. Da quel momento è cambiata la mentalità in ogni partita, la squadra si è resa conto che contro il San Marino bisognava giocare in maniera diversa e così è stato. E poi quella maglietta con la scritta "Nessun passo indietro", non dico che sia stata decisiva ma a qualcosa è servita".
Nel 2013 in finale scudetto avanti 2-0 e poi sconfitti 2-3 dal San Marino, l'anno scorso avanti 3-2 e poi sconfitti 3-4 dal Bologna. Ai Pirati mancava sempre l'ultimo passo, quello più difficile, ma stavolta sul 3-0 contro la Fortitudo è stata esorcizzata anche questa maledizione: "Quando si è avanti non bisogna avere paura e questo va trasmesso ai ragazzi. Premetto che non voglio parlare di Nanni, anzi lui è un manager che ha vinto tanto in carriera e merita onore e rispetto. Però ammetto che quando ho visto il Bologna fare bunt al 1° o al 2° inning ho capito che avremmo vinto perché così, a mio parere, si trasmette un messaggio di paura alla squadra. Da parte mia ho preferito sempre dare fiducia ai ragazzi, anche quando le cose non andavano per il verso giusto. Voglio che la mia squadra sia sempre aggressiva e si faccia rispettare. Perdere non fa mai piacere a nessuno, ma quando abbiamo preso il 3-0 nell'ultima serie di playoff contro Bologna ho pensato che in fondo era stato meglio così, magari loro si erano convinti che per noi non ci sarebbe stato scampo. Conosco i miei ragazzi, sapevo che tipo di squadra sappiamo essere. E un segreto di questa vittoria è stato il rendimento del 7,8 e 9 in battuta. Hanno capito il modo di giocare di Munoz, senza paura. Per questo credo che Spinelli, Babini e Di Fabio hanno fatto la differenza".
E a volte succede pure di rifilare un 4-0 in finale a un avversario forte per davvero come lo era questa UnipolSai Bologna: "All'inizio a un risultato del genere non ci pensavo nemmeno io. Ero sicuro che ce l'avremmo fatta ma non così. Poi quando Corradini ci ha portato alla vittoria in gara2 a Bologna, allora sì, in quel momento ho pensato che potevamo chiuderla subito a Rimini".
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