Chiaro che non sarà un World Baseball Classic con i lanciatori liberi. Sarà un qualcosa che assomiglierà piuttosto al vecchio Mondiale – anzi, meglio, alla vecchia coppa Intercontinentale, dal momento che il titolo di campionato del mondo spetta al Classic appunto – visto che la MLB non ha dato il permesso di pescare nei roster dei 40. L'IBAF o la WBSC, che dir si voglia, non è riuscita a portare a casa, in cambio del pass iridato, l'accesso ai 1200 migliori giocatori. Ma forse non interessava poi tanto agli attuali "amici" di Fraccari, a Cuba, alle asiatiche, anzi.
Di diverso, rispetto al vecchio Mondiale pre 2012, ci sarà il montepremi: 3.800.000 dollari: 150.000 per le ultime quattro, 225.000 per chi supera il primo turno, 300.000 e 400.000 per le due semifinaliste, rispettivamente 600.000 e 1.000.000 per seconda e prima.
La squadra USA è dunque un po' così. Nuovo manager: Willie Randolph. Con quasi tutti nomi nuovi, sei con un po' di passato in ML, più due con qualche presenza quest'anno (il lanciatore Casey Coleman e l'interno Tyler Pastornicky). Alla fine forse una squadra che potrebbe essere anche più debole di quella sconfitta in finale a luglio dal Canada nei Pan Am Games.
Cuba, terza invece ai Panamericani 2015, su Porto Rico – all'ultimo Classic eliminata dall'Olanda nella prima fase, nel 2009 nella seconda fase da Giappone e Corea, sconfitta in finale dal Giappone nel 2006 – dopo aver dominato con i "professionisti di stato" fino al 2005, ha dovuto chinare il capo con l'avvento dei pro, per quanto di seconda fascia. La sua ultima vittoria "mondiale" è del 2010, nella Coppa Intercontinentale a Taiwan, ma a livello di World Cup bisogna andare indietro al 2005 per vederla con l'oro al collo, poi, dopo, tre sconfitte in finale (2007 e 2007 con gli Stati Uniti e 2011 con l'Olanda). Cambiato il manico, Roger Machado Morales, con Victor Mesa, la squadra cubana ha confermato solo 14 nel roster. Il nuovo manager però è andato subito sotto tiro, prima ancora della partenza per l'Asia, per la perdurante esclusione di giocatori come Vladimir Garcia, Yoelvis Fiss, José Adolis Garcia. Ma bisognerebbe esser là per capire.
L'Olanda, ultima appunto a vincere una manifestazione mondiale senza i pro dei "roster dei 40", potrebbe andare anche questa volta piuttosto avanti, oltre le previsioni. Agli arancioni mancherà Andruw Jones, per problemi familiari, ma avranno Wladimir Balentien, il re dei fuoricampo del campionato giapponese, Gilmer Lampe e il lanciatore Wendell Floranus. In totale dodici dell'hoofdklasse, cinque AAA, un AA, tre A, tre dalle Indipendent, uno dal Messico uno dal Giappone. Di che pensare a un'altra "sorpresa".
Per molti c'è una unica favorita, sulla carta, per questo primo Premier12: il Giappone. Anche lì tuttavia non è che i migliori ci siano tutti. Salvo errori nella traduzione, che potrebbero avermi fatto sbagliare gli incroci con i convocati,dovrebbero mancare all'appello, in battuta, Fukudome Kosuke, Hatakeyama Kazuhiro, Yanagita Yuki, Kondo Kensuke, Kiyota Ikuhiro, fra i big della NBL. E sul monte: Sugano Tomoyuki, Sawamura Hirokazu, Oh Seung-Hwan. Senza dimenticare che nel doppio incontro di esibizione dello scorso marzo, contro il team Europe, i Samurai hanno vinto di un punto (4 a 3) una volta e perso 2 a 6 l'altra.
Insomma, potrebbe pure venirne fuori un torneo diverso da quel che qualcuno crede.
Per l'Italia, checché se ne dica, e mi ripeto, sarà grassa se non sarà ultima nel suo girone. Finire davanti al Porto Rico sarebbe un successo.
Senza grossi rinforzi da oltre-Atlantico – Asi (Colabello o Liddi) o non Asi – oggettivamente, non gli azzurri non possono andare. Troppa poca roba un Gianny Tommasso Fracchiolla Rios (che forse vedremo a Bologna), un Luis Eduardo Liugo Lareschi, o un Trey Storm Nielsen, sul monte. Chiunque essi siano.
Commenta per primo