D. Alla Coach Convention hai svolto un gran lavoro come traduttore per gli ospiti giapponesi. E oggi hai voluto fare anche un'interessante e breve introduzione all'intervento di Shiniji Kurano illustrando il significato di cinque concetti raffigurati in altrettanti ideogrammi.
R. Ho voluto rubare cinque minuti dell'intervento di Kurano per spiegare che per capire il nostro baseball bisogna conoscere qualcosa della filosofia giapponese. Il primo di quegli ideogrammi, ichi-go ichi-e, vuol dire: questo incontro non si ripeterà mai più. Cioè ogni situazione, nella vita ma anche in partita, o quella determinata azione di gioco, non si ripeterà mai più. Non dobbiamo quindi vivere sotto pressione ma dobbiamo saper godere di ogni momento in quanto irripetibile. È un'idea che in Giappone si applica anche in altri ambiti della vita: ad esempio nel discorso sull'ospitalità (ogni incontro con una persona è unico), ed è alla base della cerimonia del tè. Occorre quindi sfrondare ciò che non serve e focalizzarsi sul momento vissuto. Il secondo ideogramma è wa, che vuol dire armonia. Tutte le espressioni artistiche o, più in generale, culturali giapponesi hanno alla base questa idea di armonia. Il terzo, shin gi tai, è composto da tre parole: shin vuol dire "cuore, spirito, motivazione"; gi è la tecnica, l'abilità; tai è il corpo. Le tre componenti devono essere presenti allo stesso tempo, se ne manca una non ci si riesce a esprimere al meglio. Se non c'è la motivazione, la tecnica e il corpo non sono sufficienti. Se c'è la motivazione ma manca il corpo o la tecnica tutto diventa più difficile, anche se ci si può sforzare per risolvere le carenze oggettive. Ad esempio, un pittore senza braccia ma molto motivato può riuscire a dipingere tenendo il pennello con la bocca, perché è la motivazione che lo porta ad inventare quella tecnica. Se nel baseball tutte e tre le componenti sono presenti -la motivazione, l'abilità, il corpo-, allora siamo in condizione di poter lavorare per prepararci ad affrontare il gioco. Il quarto ideogramma è kaizen, il miglioramento a partire dalle piccole parti. Anche il kaizen ha un riscontro in ogni aspetto della vita giapponese. Si applica nella produzione in catena, per esempio nell'industria dell'auto. Attraverso il lavoro su ogni elemento isolato si giunge alla produzione dell'automobile. L'idea è quella di migliorare agendo su tutti i punti di un sistema, uno ad uno. È una filosofia che si applica anche alla preparazione per il baseball. L'ultimo ideogramma è do, che vuol dire "strada", "via", "modo". Indica un modo di fare le cose, una disciplina superiore che porta a un'elevazione dell'individuo: la cerimonia del te è sai-do, l'ikebana è ka-do (ka vuol dire fiore). Nelle arti marziali è la stesso termine che ritroviamo in judo e kendo.
Veniamo alla tua esperienza in Italia. Nel 1976, quarant'anni fa, sei arrivato a Perugia dove hai anche giocato a baseball e hai contribuito all'apertura del diamante di Pian di Massiano. In che misura tutto le componenti della filosofia di vita giapponese che hai indicato sono presenti nel modo di vivere il baseball da noi?
In Italia lo sport tende a essere quasi sempre divertimento o competizione, in generale lo si pensa poco come filosofia di vita.
Tu pratichi anche le arti marziali. Qual è il punto di contatto fra il giocatore di baseball e il judoka o il katateka?
È simile l'atteggiamento nel combattimento. Il lanciatore lancia la pallina ma deve leggere le intenzioni del battitore, capire come e dove lanciare, se diritto o con effetto, e questa decisione influisce nell'atteggiamento del battitore. Che a sua volta si prepara e prova a sorprendere l'avversario.
Un altro aspetto della tua personalità poliedrica: parliamo di baseball e pittura. Cosa ha apportato la tua esperienza di giocatore di baseball alla tua creatività?
In Italia non so, ma per i giapponesi il baseball è cultura. Ho definito prima il do; ebbene in Giappone il baseball è baseball-do. Il baseball dà la possibilità di collaborare con gli altri, conoscerli, di rispettarli dentro e fuori dal campo. Come dalle arti marziali, dal baseball ho poi preso il concetto di energia interna da cui far sprigionare il movimento. C'e un sentimento interno che si trasforma, lascia tracce all'esterno. È ciò che unisce i vari aspetti della mia vita, la mia esperienza nel baseball, nelle arti marziali, nella pittura, e li mette in rapporto con le persone.
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