Fa tristezza pensare e scrivere che questa sera scatta il massimo campionato italiano di baseball su tre campi. Sembra quasi una barzelletta eppure è così: un campionato a 7 squadre, minimo storico dal 1948, ma allora era il primo torneo della nostra storia e, al di fuori di pochi studenti a Milano e un gruppetto di bolognesi, nessuno sapeva ancora che cosa fosse il baseball. Nemmeno a Nettuno, dove giocavano ancora a softball come i militari americani. Quasi settant'anni dopo, a Nettuno hanno avuto almeno la bella idea di rimettere insieme le forze e di ricreare una squadra potenzialmente in linea con la propria grandissima storia, ma il resto d'Italia dov'è finito? Si gioca come sempre il torneo dei quattro campanili in Emilia Romagna, con l'aggiunta di Padova e di Novara, ma al di là della solita cronica assenza delle grandi città (Bologna esclusa), resta un numero veramente ridicolo di partecipanti.
Un paio d'anni fa ci confrontavamo con quel campionato del 1970 a dodici squadre, presentato in pompa magna alla Domenica Sportiva, e abbiamo suscitato le critiche di qualcuno che non era proprio d'accordo con la nostra analisi. Ma purtroppo il tempo ha dimostrato che non c'era limite al peggio. Come fa una federazione ad avallare un campionato del genere? Per fortuna i giornali hanno sorvolato tranquillamente sulla partenza della IBL1, altrimenti ci sarebbe stato da arrossire. In Italia non esiste nessun campionato di prima serie così risicato e breve, così invisibile. Un campionato che inizia oggi e finisce fra tre mesi. Per promuovere ai playoff più squadre di quelle che restano escluse, paradosso nel paradosso…
Ci auguriamo che questo sia veramente il punto terminale di una parabola che ormai non può scendere più in basso. Ci auguriamo che non siano stati presi provvedimenti solo perché ormai siamo vicini alla scadenza elettorale. Ma chiunque debba prendere (o riprendere) in mano le redini del movimento non potrà evitare di fare una scelta radicale, di dare una svolta drastica a tutto il modo di concepire l'organizzazione dei nostri campionati. Abbiamo detto tante volte che il campionato di vertice non può essere strutturato sulle esigenze delle prime tre-quattro squadre italiane, ma sulle possibilità medie delle prime venti. Ma evidentemente questo è un concetto che fa fatica a passare in viale Tiziano. Il risultato però è sotto gli occhi di tutti… Quando la serie A1 (ci permettiamo di continuare a chiamarla così) sarà ridotta a quattro squadre, cosa faranno? Direttamente i playoff? Sembra una provocazione, ma ormai siamo molto vicini.
Il futuro dunque dovrà essere quello di una rivoluzione coraggiosa e umile. Una prima serie più modellata sull'attuale serie A che sulla ridondante IBL1, magari anche con due partite in un giorno come si faceva tanti anni fa. Ci si renda conto che la reale dimensione del nostro baseball a livello nazionale, in un momento di profonda crisi economica, è questa, non quella venduta ad ogni costo a un pubblico comunque inesistente. Perché se almeno ci fossero le folle a vedere quelle tre-quattro squadre di vertice, potremmo anche avere dei dubbi, ma visti gli stadi penosamente vuoti ovunque siamo certi che l'attuale soluzione non funziona più.
L'alternativa? Una scelta ancor più radicale: spazio a squadre a carattere regionale o provinciale, per ampliare il più possibile il territorio interessato, per recuperare aree fuori dal giro da troppo tempo o città importanti. Come fanno nel baseball australiano o come fanno in Irlanda nel rugby. Utopia? Basterebbe credere veramente nel progetto delle franchigie soffocato sul nascere dalle "grandi" società e che la federazione sembra voler rilanciare attraverso una commissione creata ad hoc. Meglio ribaltare tutto rischiando strade inesplorate che proseguire in questa inutile agonia. Buon campionato. Se così si può chiamare.
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