Una madre, una figlia e le emozioni del softball universitario

Abbiamo assistito alla finale del NCAA Softball Regional Tournament del MidWest fra Michigan e Notre Dame. Una festa continua con famiglie e studenti. Ecco il nostro reportage da Ann Arbor

Di nuovo on the road, come due anni fa, eccoci ad Ann Arbor, città di poco più di centomila abitanti (ma che con le cittadine satelliti a occhio e croce triplica quella cifra), sede della Michigan University, a mezz'ora di macchina a ovest di Detroit. Un downtown senza grattacieli, ristoranti di ogni tipo, musei, sale da concerto ed eventi culturali a bizzeffe, la seconda biblioteca universitaria degli States (contiene più di 13 milioni di libri!), librerie di seconda mano da sogno, una popolazione con la più alta densità di possessori di Ph-D (titoli di dottorato) del Paese. Insomma, un'isola di cultura nel rude Mid-West.
Questo fine settimana ci sono le finali del torneo regionale della NCAA di softball. La NCAA (National Collegiate Athletics Association) è l'associazone che riunisce tutte le sezioni sportive delle università americane. Fondata 110 anni fa, organizza i campionati universitari americani di tutti gli sport. E una delle eccellenze sportive dell'University of Michigan sono per l'appunto le Wolverines, la squadra universitaria di softball che si giocherà il titolo regionale contro Notre Dame (Illinois), Miami (Ohio) e Valparaiso (Indiana). Chi vincerà continuerà il cammino verso il titolo nazionale giocando il fine settimana seguente il torneo Super Regional.
Non possiamo farci sfuggire l'occasione e cerchiamo di comprare i biglietti per il torneo (12 dollari per le gare di un'intera giornata), ma la mattina di martedì 17 in appena venti minuti il botteghino online appende il cartello di Sold Out: i 2800 posti a sedere dell'Alumni Field sono tutti già venduti. Ci presentiamo dunque domenica 22 al Wilpon Baseball and Softball Complex, il centro sportivo universitario degli sport del battiecorri, per acquistare due biglietti per posti in piedi (8 dollari) per la finale: le Wolverines del Michigan hanno stravinto tutte le partite e sono in finale contro la squadra del college cattolico del Notre Dame. Sono le due del pomeriggio, la temperatura è gradevole (71º Farenheit, 21º centigradi) e sembra che la primavera sia finalmente arrivata (pochi giorni fa il termometro era calato bruscamente e avevamo visto persino dei fiocchi di neve!).
Il non avere dei posti assegnati ci permetterà di muoverci a nostro piacimento. Stadio bellissimo: spalti in muratura, coperti dal lato di prima base, dove è il dugout della squadra di casa, tribune anche oltre l'outfield destro. All'esterno del recinto, accanto al bullpen, tre tunnel di battuta. Campo in sintentico. Tabellone elettronico con schermo che trasmette anche i replay. Fuori, i soliti punti vendita di magliette e cappellini blu e gialli con la M di Michigan, e poi hot-dogs, pretzels e bevande varie. Si nota che siamo in un campo universitario e non in uno stadio di Major o Minor League: non si vende birra e in tutto l'area non c'è una goccia d'alcol. Una targa sul muro ricorda che l'Alunni Field è stato inaugurato nel 1982 con una vittoria per 10-0 contro l'odiatissima università rivale, la MSU (Michigan State University) di East Lansing.
Michigan schiera la migliore lanciatrice, la numero 3 Megan Betsa. Buona velocità e un discreto repertorio di effetti, ma Notre Dame riesce comunque a toccare. Alla fine della partita saranno 8 le valide delle ospiti. Ma il Michigan colpisce duro sin dall'inizio: due solo homer al primo e al terzo inning, entrambi una spanna oltre il muro nello stesso punto dell'outfield sinistro. Le due squadre alternano la ricerca della battuta lunga con un discreto inside softball: varie le rubate (quasi tutte riuscite), accompagnate da bunt e tocchi a scavalcare il campo interno per cercare il texas leaguer.
È al quinto inning quando le Wolverines prendono il volo. Mentre mi aggiro fra gli spalti e Michigan ha corridori in rima e seconda con zero out, in una delle porte di accesso ai posti dietro casa base vedo una signora sulla cinquantina, bionda, occhiali scuri e maglietta blu gialla della squadra di casa, appoggiata alla parete. Si mangia le unghie e non guarda il campo. Mi chiede: "Hanno riempito le basi?" Sbircio per lei e dico: "Sì, c'è stata una base su ball. Sono a basi cariche". "Nelle altre partite del torneo non ero così nervosa", continua lei con la voce che quasi le trema. Poi il boato della folla. Guardo di nuovo e le dico: "È un doppio. Sono entrati due punti". E lei fugge via emozionata. Un'altra signora accanto mi spiega sorridendo: "È la madre di Kelsey Susalla, l'esterno destro".
Uno sport famigliare. Una festa continua, con le famiglie e gli studenti stretti attorno alla squadra. Le giocatrici che saltano e cantano nel dugout. La banda di ottoni con un repertorio che va dall'inno dell'università alle musiche dei Blues Brothers. Michigan che continua a battere per un big inning da quattro punti. Il nervosismo di una madre in trepidazione per la figlia e le sue compagne di gioco. Vi giuro che per un momento mi sono emozionato anch'io.
Il punteggio finale sarà di 6-2. La banda continua a suonare, le ragazze si abbracciano sul campo. Le Wolverines hanno vinto il torneo regionale e la settimana prossima riceveranno la visita delle giocatrici dell'Università del Missouri per le seguenti eliminatorie. Buona fortuna Michigan, ma noi non ci saremo, perché ci attende la National League: ci recheremo a Chicago per la serie Cubs-Phillies. A presto.

Informazioni su Luigi Giuliani 103 Articoli
Un vita spezzata in tre: venticinque anni a Roma (lanciatore e ricevitore in serie C), venticinque anni in Spagna (con il Sant Andreu, il Barcelona e il Sabadell, squadra di cui è stato anche tecnico, e come docente di Letteratura Comparata presso le università Autónoma de Barcelona e Extremadura), per approdare poi in terra umbra (come professore associato di Letteratura Spagnola presso l'Università di Perugia). Due grandi passioni: il baseball e la letteratura (se avesse scelto il calcio e l'odontoiatria adesso sarebbe ricco, ma è molto meglio così...).

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