Aveva messo nell’idea della Hall of fame, nel progetto del museo virtuale e nella ricerca di documenti per “L’Archivista” il rigore e la costanza che gli erano propri. Roberto Buganè, spentosi la notte scorsa a 78 anni, ne aveva viste di tutti i colori, prima fra tutte la strage di Marzabotto. Aveva affrontato la vita di petto, così la passione per quello che faceva contagiava chiunque entrasse in contatto con lui. Io, allora giovane tecnico, lo conobbi al CNT quando decise di rientrare a far parte della “squadra” che aveva lasciato anni prima per altri impegni. Era stato anche presidente nazionale del Comitato, si rimise al lavoro come responsabile del Lazio. Attento, meticoloso, dispensatore di consigli per chi si avvicinava ai corsi da allenatore, Roberto non mollava di un centimetro in un ambiente nel quale non è mai facile realizzare qualcosa.
Lo faceva anche con “L’Archivista”, quando quasi ci sfidava a leggere ciò che pubblicava chiedendosi sui social network – dei quali aveva compreso la grande importanza – per chi stesse facendo tutto quello, dato che le “visualizzazioni” non erano poi così tante. Era un modo per “spronare” la squadra. I suoi studi e ricerche finirono in un convegno della Società italiana di storia dello sport, con il baseball giocato nella grande guerra.
Lo vedevi alle presentazioni ufficiali del campionato, quando uno spazio gli era giustamente riservato. Una battuta, una pacca sulla spalla, sempre l’invito a non mollare, a stare “sul pezzo”, a conquistare il punto decisivo.
Ci ha informato costantemente dell’evolversi della sua malattia proprio via Facebook, ha condiviso con il mondo del baseball, il “suo” mondo oltre quello familiare (un abbraccio a tutti) e delle “imprese” all’Enel, le tappe del percorso da malato. Usava, non poteva essere altrimenti, una metafora sportiva. Legata al ciclismo, però, non all’amato batti e corri. Sono certo che finché ha potuto ha risposto colpo su colpo ai lanci della malattia, ha preso qualche K, ha battuto valido, ha messo in gioco la palla quando necessario. Fino a che è arrivato l’ultimo out. Ciao e grazie, Roberto, ci rivedremo sicuramente su un campo di baseball.
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