Alberto Mineo, un sogno da non interrompere

Abbiamo intervistato il giovane catcher goriziano delle Minor Leagues dei Chicago Cubs. Dopo un storico 2016 , le speranze per un 2017 importante

Alla Coach Convention di Treviso Baseball.it ha parlato con Alberto Mineo, ricevitore della Nazionale e ora con i South Bend, formazione di Low A della franchigia di Chicago. Mineo ha accompagnato e assistito nelle dimostrazioni pratiche Tim Cossins, coordinatore delle squadre di Minor e preparatore dei ricevitori dei Cubs, che alla Convention ha affrontato le problematiche riguardanti il ruolo del catcher. Alberto ha così anche potuto testimoniare ai tecnici riuniti alla Convention il proprio percorso personale di crescita e di assimilazione delle tecniche con cui Cossins fa lavorare i propri ricevitori. Un percorso che sta per arrivare a un punto di svolta per il ventiduenne di Gorizia.

Settimo anno negli USA. Ora con South Bend in Singolo A basso. Facciamo un bilancio dello scorso anno.

Sì, per me questo è il settimo e ultimo anno di contratto. Sono contento e soddisfatto di come è andato l'anno scorso, e altrettanto lo sono gli allenatori, che mi hanno detto di farmi trovare pronto perché quest'anno, appunto in quanto l'ultimo, sarà importante e soprattutto lungo. Sto lavorando ogni giorno per poter dare il mio meglio allo spring training, che si svolgerà in Arizona a partire dal 15 febbraio, e potermi gudagnare un posto dal Singolo A alto in su.

Al Classic ci pensi? Hai avuto notize da Mazzieri?

Non ho saputo niente. Ovviamente c'è sempre la speranza di andarci. Giocare per il proprio Paese è sempre bello.

Dal punto di vista personale, come sono stati questi sette anni di Stati Uniti?

Mi hanno fatto sicuramente maturare sotto tutti i punti di vista. Vivere da solo, farti da mangiare, trovarti casa, imparare l'inglese e lo spagnolo sono cose che ti fanno crescere al di là del fatto tecnico. Ora sono in Arizona, l'anno scorso sono stato in Indiana, prima ancora in Oregon. Quest'anno vedremo, dipende da dove mi mandano.

In quanto membro dell'organizzazione dei Cubs, come hai vissuto quest'anno storico?

È stato bellissimo vederli -anche se da fuori-  vincere le World Series. Se lo meritano davvero tanto, per tutto quello che in quest'organizzazione hanno fatto e stanno facendo da anni. Era una vittoria aspettata da troppo tempo. Fra i tifosi, e anche fra i giocatori, c'era chi fino all'ultimo out non ci credeva ancora, nessuno dava niente per scontato. Gara sette l'ho vista in televisione, seduto sul divano di casa con mio padre, e all'ultimo out mi è venuto da sorridere dalla felicità, perché vincere in quel modo è stato veramente una grande cosa.

Rimpianti per non esser potuto andare all'Europeo?

Io avevo i playoff con la mia squadra. Li ho seguiti, i ragazzi hanno fatto bene, anche se sembra abbiano avuto dei problemi col monte di lancio.  Ma stiamo lavorando anche su quello, i lanciatori giovani stanno crescendo.

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Un vita spezzata in tre: venticinque anni a Roma (lanciatore e ricevitore in serie C), venticinque anni in Spagna (con il Sant Andreu, il Barcelona e il Sabadell, squadra di cui è stato anche tecnico, e come docente di Letteratura Comparata presso le università Autónoma de Barcelona e Extremadura), per approdare poi in terra umbra (come professore associato di Letteratura Spagnola presso l'Università di Perugia). Due grandi passioni: il baseball e la letteratura (se avesse scelto il calcio e l'odontoiatria adesso sarebbe ricco, ma è molto meglio così...).

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