Dall’Italia al Texas: la grande occasione di Matteo Bocchi

Intervista esclusiva con il talentuoso lanciatore parmense, cresciuto nella Crocetta, che continua la sua avventura nel mondo NCAA con la prestigiosa Texas University, da sempre fucina di talenti. Primo fra tutti un “certo” Roger Clemens

Nel campus della Texas University, ad Austin, da qualche mese c'è un po' di Italia con l'arrivo del parmense Matteo Bocchi, primo studente/atleta nostrano arrivato a vestire la casacca dei Longhorns, squadra dalla grande tradizione nel baseball NCAA (6 titoli nazionali vinti, l'ultimo nel 2005) ma che negli ultimi anni sta cercando faticosamente di ritornare nel Gotha del batti e corri a livello universitario.
Matteo Bocchi, lanciatore cresciuto nel florido vivaio della Crocetta Baseball, aveva sicuramente nel suo destino il mondo del baseball americano avendo già partecipato nel 2008 con la selezione dell'Emilia-Romagna alle famosissime Little League World Series e quindi nel 2014 su segnalazione di Mauro Mazzotti, allora scout europeo per i Baltimore Orioles, ha preso parte all'International Stars College Showcase a Washington, vera vetrina per i migliori prospetti soprattutto internazionali che ambiscono ad entrare nel mondo del baseball NCAA. In quella occasione è stato notato dal coach Kurtis Clay che gli ha offerto una borsa di studio all'Odessa Junior College (nel Texas) dove è migliorato tantissimo facendosi apprezzare anche fuori dal diamante per la sua serietà e dedizione. Nei due anni a Odessa ha avuto ottime statistiche (nel 2017 12 apparizioni sul monte con 11 partenze, ben 7 complete game, 6 vittorie e 4 sconfitte ottenendo 54 strikeout in 61.2 innings lanciati e una media PGL di 4.23) tanto da meritare la chiamata dell'università di Division 1 più prestigiosa del Texas da sempre il sogno nel cassetto del lanciatore parmense.
Da ricordare anche come negli ultimi due anni Matteo Bocchi ha fatto alcune brevi apparizioni in IBL, con la sua nuova squadra (la Fortitudo Bologna) mostrando ottime cose ed ottenendo a giugno a Ratisbona in Germania durante la Coppa dei Campioni anche una no-hitter di 7 inning nel successo per 14-0 contro i francesi del Rouen.
Con grande disponibilità Matteo Bocchi ha accettato di rispondere ad alcune domande in esclusiva per Baseball.it.

Prima di tutto quali sono le tue impressioni finora dopo i primi mesi a Texas? Soddisfatto di aver fatto questa scelta?
Il Texas è un posto incredibile. Il livello di allenamento è decisamente superiore a qualsiasi altro posto in cui sono stato nella mia vita. Gli atleti vengono trattati come giocatori di Major League. Senza dubbio sono più che soddisfatto di questa scelta. Onestamente è quasi impossibile non esserlo quando si gioca per un'università di questo calibro.
Ci puoi descrivere la tua giornata tipo?
Per il primo mese avevamo palestra e preparazione dalle 5.45 alle 7.15, quattro giorni a settimana, quindi a scuola per 3/4 ore dalle 8 alle 12 circa, pranzo e poi allenamento al pomeriggio per circa un'ora, cena e poi a letto perchè la sveglia suonava presto alla mattina. Da settembre invece abbiamo iniziato il Fall Ball ovvero 2 mesi di partite tra di noi. Sveglia alle 7 o alle 8, scuola dalle 8-9 alle 12-13 e poi allenamento e partita dalle 3-7 o dalle 4-8.
Come ti trovi con manager, coach e nuovi compagni? E come sono andati gli allenamenti autunnali?
Ovviamente per il primo periodo ho dovuto ambientarmi ma gia' dopo 2 settimane conoscevo e parlavo più o meno con tutti. Ora dopo 3 mesi di allenamenti insieme, si è già formato un gran bel gruppo. Per quanto riguarda gli allenamenti autunnali sono andati molto bene. Ho avuto l'opportunita' di usare nuove tecnologie per analizzare la mia meccanica, tipo di lancio, punto di rilascio e tante altre cose che non sapevo neanche esistessero. Grazie a queste tecnologie e ad allenatori davvero bravi ho migliorato i lanci secondari ed il movimento della palla dritta. Nei due mesi di partite credo di aver lanciato bene. Ho concesso più valide di quello che avrei dovuto ma erano tutti singoli e battute deboli nei buchi. Onestamente nell'autunno l'obiettivo è più quello di fare buoni lanci e prendere confidenza con i nuovi movimenti di meccanica.
Quali sono le tue aspettative per la nuova stagione in Ncaa Division I che partirà a Febbraio?
Le aspettative come squadra sono di sicuro arrivare a disputare le College World Series a Giugno. Personalmente invece le aspettative sono di giocare anche se non so ancora se saro' utilizzato da partente, rilievo o closer.
Consiglieresti ad altri ragazzi di seguire la tua esperienza negli States partendo come hai fatto tu dal mondo dei Junior College? Se non vado errato anche Giulio Monello (giovane talento negli ultimi anni a Novara) giocherà e studierà ad Odessa dal prossimo anno…
Di sicuro la miglior opzione sarebbe giocare in Divisione I già dal primo anno. Il problema è che di solito le Università di Division 1 firmano i giocatori direttamente dalle high-school dopo tanto tempo che li seguono. Per noi italiani quindi è molto difficile essere visti e avere la possibilità di giocare subito al livello più alto. Oltre al baseball, le università di Division 1 sono molto più costose dei Junior college. Le borse di studio sono quindi fondamentali per poter giocare a livello universitario. Il Junior College rimane quindi la miglior soluzione, meno costosa e si hanno piu' possibilità di ottenere ottime borse di studio. Dal Junior College poi è piu facile essere notati da atenei più grandi e come è capitato a me arrivare in un College come Texas.
Cosa pensi della possibile/probabile ristrutturazione della IBL nel 2018?
Onestamente ti devo dire che non sono molto informato al riguardo.
E' nei tuoi programmi tornare a giocare con la Fortitudo anche nel 2018 finita la stagione Ncaa?
Questa è una domanda a cui non posso dare una risposta sicura adesso. Tutto dipendera' da dove arriveremo con il campionato e se verro' draftato. In caso positivo, non so ancora come si sviluppera' la cosa.
 

Informazioni su Andrea Palmia 160 Articoli
Andrea Palmia è nato a Bologna il 4 aprile 1968 e vive nel capoluogo emiliano con la moglie Aurora e la figlia Lucia di due anni. Laureato in Pedagogia con una tesi sperimentale sui gruppi ultras, lavora dal 1995 come educatore professionale con utenti disabili mentali e fisici. Appassionato di sport in genere ed in particolare di quelli americani, ha sempre avuto come sogno nel cassetto quello di fare il giornalista sportivo. Dal baseball giocato nel cortile del condominio con una mazza scolorita alle partite allo stadio Gianni Falchi con i fuoricampo di Roberto Bianchi e Pete Rovezzi, il passo è stato breve. Fortitudino nel DNA, nutre una passione irrazionale per i "perdenti" o meglio per le storie sportive "tormentate" fatte di pochi alti e di molti bassi.

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