Cleveland dice addio allo storico “Chief Wahoo”

Dall’anno prossimo gli Indians dovranno abbandonare il logo che ha debuttato nel 1948 poichè ritenuto simbolo di razzismo ed intolleranza. Il Direttore dell'American Indian Movement of Ohio lancia un appello anche ai Braves

E così lo storico simbolo degli Indians, considerato "inappropriato" dalla MLB, andrà in pensione. Dal 2019 "Chief Wahoo" non sarà più presente su divise e cappelli di Cleveland. E' stato ritenuto razzista, offensivo e sorpassato da alcuni, ma amato e rispettato da altri e questa divisione, trasversale a tutti gli sport professionistici americani dove ci sono franchigie che utilizzano loghi e "nickname" che fanno riferimento ai nativi americani ed alle loro tradizioni alla fine è risultata intollerabile per Rob Manferd, Commissioner della Major League, che ha fatto pressioni su Paul Dolan, Presidente di Cleveland, per rimuovere il logo dando seguito a decenni di polemiche e di richieste effettuate da vari guppi di tutto il Nordamerica.
Eppure Chief Wahoo, una caricatura da cartone animato di un nativo americano, e che ha esordito sui diamanti nel 1948 (l'anno dopo il debutto di Jackie Robinson in MLB, primo afroamericano a giocare un campionato di Major), nasceva sotto tutti altri auspici. Allora, parliamo del 1947, il presidente degli Indians era il progressista Bill Veeck, conosciuto per aver ingaggiato Larry Doby, primo giocatore afroamericano nella American League (1947). Veeck ingaggiò un fumettista per creare un nuovo logo per la franchigia. Il risultato fu quello di un indiano sorridente e caricaturale (considerato ancora più offensivo dell'attuale secondo i detrattori), che accompagnava i risultati della squadra sui quotidiani locali.
La questione, che qui in Italia potrebbe far sorridere, negli USA è presa molto sul serio. Basti pensare che fuori dal Progressive Field ad ogni partita importante ci sono delle persone che manifestano, il più delle volte pacificamente, contro l'utilizzo del logo. Alcuni gruppi organizzati sono arrivati a chiedere l'intervento dei tribunali per far rimuovere il povero Wahoo. Un esempio su tutti, nel corso della stagione 2016 (L'anno che gli Indians disputarono le World Series), un attivista canadese autoctono Douglas Cardinal, chiese un'ingiunzione da un tribunale canadese per impedire a Cleveland di usare uniformi raffiguranti il capo Wahoo o il nome della squadra durante le gare di Cleveland a Toronto. La richiesta venne negata e Manfred, dopo aver detto che i tribunali non erano la sede per risolvere la disputa, si impegnò a fare qualcosa. Molte squadre universitarie questo passo lo avevano già fatto (due esempi su tutti i Redman della St. John's University divenuti Red Storm nel 1994 ed i Fighting Sioux dell'Università del Nord Dakota divenuti Fighting Hawks nel 2015), mentre i Washington Redskin (squadra di NLF, il campionato professionistico di football americano), ed i Chicago Blackhawks (NHL, hockey su ghiaccio), al momento non ci pensano proprio.
Nel frattempo esprime soddisfazione a metà Phillip Yenyo, direttore esecutivo dell'American Indian Movement of Ohio, che vede il gesto come un altro passo nella giusta direzione, ma si chiede perché la decisione non possa essere immediatamente esecutiva invece di attendere tutta la stagione 2018. Inoltre Yenyo auspica che a cambiare non sia solo il logo ma anche il nome "Indians", che dovrebbe, a suo modo di vedere, essere cambiato, cosa che Dolan ritiene assolutamente fuori da ogni discussione. Il "nickname" Indians, probabilmente deriva da Louis Sockalexis, un membro della "Penobscot Nation" nel Maine, che ha giocato per una diversa squadra di Cleveland, gli Spiders nella National League Park dal 1897 al 1899.
A tal proposito Yenyo fa un appello anche agli Atlanta Braves di seguire le orme di Cleveland visto che utilizzano simboli e canti (tra i tifosi durante la partita), che richiamano la cultura indiana. Ovviamente la faccia di Wahoo continuerà ad essere presente nei negozi di souvenir, ma non si vedrà più sul diamante né negli shop della MLB.

 

Informazioni su Andrea Tolla 533 Articoli
Nato a Roma nel 1971, Andrea è padre di 3 figli, Valerio, Christian e Giulia. Collabora con il quotidiano Il Romanista dove si occupa, tra le altre cose di baseball e football americano. Appassionato di sport in genere collabora anche con il mensile Tutto Bici e con il quotidiano statunitense in lingua italiana America Oggi. Ex-addetto stampa della Roma Baseball, cura una rubrica di baseball all'interno di una trasmissione sportiva di un'emiitente radiofonica romana.

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