C’era chi si aspettava qualcosa dalla conferenza stampa congiunta indetta per ieri da San Marino e Rimini, con l’aggiunta poi in corsa di Bologna. Da quel che si è letto e sentito forse ha risparmiato tempo e denaro il Parma (altre invitate non risulta ci siano state) standosene a casa.
Erano in sei – Mazzotti e Antolini per il San Marino, Pillisio e Illuminati per il Rimini, Michelini e Bissa per la Fortitudo – per dire che quello proposto dalla federazione per il prossimo anno è un campionato che a loro non piace. In particolare la partita con l’obbligo del lanciatore AFI.
Qualcuno ha parlato di mancanza di “regole certe/programmazione”. Bene, AFI a parte, c’erano! Per il 2019 il campionato doveva essere a 12 (nessuna retrocessione, quattro promosse dall’A2), eccetera eccetera… Della diminuzione del numero dei visti per gli stranieri non comunitari si sapeva. Quindi? Se non si trovano i 12 club che si iscrivono cosa dovrebbe fare una “Federazione Italiana”? Importare squadre dall’estero?
Si è paventato il calo del livello di gioco (e a margine l’aumento dei costi) che il torneo “made in Fibs” porterebbe. Ma di proposte alternative non se ne sono sentite.
Premetto che non credo che c’entri qualcosa il livello con la differenza fra gli stadi pieni dei bei tempi e il pubblico attuale del massimo campionato. Ma poi livello per chi? Per le 300 persone (compreso parenti, amici, amici degli amici o dei parenti), quando va bene, a partita? Costi: un club guarda le regole e si adegua, facendo i suoi di calcoli in casa, per vincere o per limitare i danni: nessuno li fa spendere per forza.
Detto questo, il punto è solo uno. Marcon e i suoi hanno fatto dell’allargamento del massimo campionato fin dall’inizio una bandiera, che in definitiva potrebbe anche essere un semplice proviamo almeno a cambiare strada. E sono loro quelli che hanno vinto le ultime elezioni. Hanno tutto il diritto di andare avanti. Tanto più che delle otto per il momento inseribili nel lotto delle possibili iscrivende ieri erano in tre: nemmeno la maggioranza attuale della categoria. Marcon dunque avrebbe avuto in realtà il “dovere”, non solo il diritto, di provarci, fosse pure con una serie A1 a 24 e la possibilità per le squadre in casa di giocare quando vogliono. Poi i conti si faranno a fine 2020, in assemblea.
Questo a meno che poi la Fibs non vada a sbattere – visto quel che sta succedendo – sul tanto proclamato diritto sportivo e sul “basta con la gente che si iscrive al campionato che vuole” che ho sentito io uscire a suo tempo dalla bocca del presidente.
Il dubbio è: se il disagio di chi mette più soldi degli altri si trasforma poi in disimpegno, il movimento non perde niente? Se Pillisio abbandona Rimini, l’Unipol smette di investire a Bologna, Antolini molla San Marino, siamo contenti perchè il campionato è più equilibrato e anche il Castenaso (massimo rispetto) può vincerlo? Non sono domande provocatorie, sono domande vere. Io personalmente sono convinto che le tre grandi che spendano soldi garantiscano al massimo campionato un livello più alto, con beneficio per la Nazionale e con un potenziale (ammetto, per ora per nulla realizzato) effetto traino.