Abbiamo sentito il presidente federale, Andrea Marcon, su quel che sta succedendo fra Rimini e Nettuno con protagonista Simone Pillisio.
Fino a ieri mattina erano dichiarazioni, su social, stampa, siti. La conferenza stampa di ieri pomeriggio ha cambiato sostanzialmente le cose. Ieri il presidente in carica del Rimini Baseball ha – direttamente o indirettamente – convocato gli organi di informazione e pubblicamente dichiarato che tutta una serie di giocatori nel 2018 in forza al Rimini quest’anno giocheranno con la casacca del City, e contemporaneamente che i giocatori dei cui cartellini è titolare lo stesso City e in prestito ad altri club sarebbero rientrati.
Ora – andando più in là di quanto su Baseball.it scritto ieri nell’articolo “Da Rimini a Nettuno, l’ultima “sorpresa” per la città del baseball” – è ammissibile che chi è federalmente il presidente di una società faccia mercato per un’altra, di cui ha dichiarato sarà di qui a poco General Manager, socio, e magari in futuro presidente?
Questo abbiamo voluto chiedere al massimo dirigente della FIBS, che così ci ha risposto. “Stiamo monitorando la situazione. Allo stato Pillisio per la federazione è presidente del Rimini Baseball. Stiamo verificando esattamente quanto detto dallo stesso Pillisio nella conferenza stampa di ieri. Vigiliamo sul fatto che i regolamenti, come in precedenza, siano rispettati e stiamo tenendo sotto osservazione la situazione della serie A1, per la quale l’iscrizione del Nettuno City è ancora vincolata a determinati impegni presi. Da un punto di cista regolamentare non è permesso sedere in due consigli direttivi di società diverse”. E aggiungiamo noi che tanto il Rimini quanto il Nettuno, come tutte le altre società affiliate sono, in quanto A.S.D. o S.S.D., tenute a rispettare certi obblighi di legge.
“Ad oggi – ha continuato Marcon – non abbiamo avuto segnalazioni da parte di alcuno”.
E’ possibile un intervento – abbiamo chiesto – su questa vicenda, della procura federale?
“Non posso e non voglio dire di più. Ho il più assoluto rispetto dell’autonomia degli organi di giustizia federale rispetto a quelli politici. Chi di dovere farà quel che ritiene di dover fare”.