Sappiamo già di sollevare un polverone di reazioni scandalizzate da parte dei puristi del baseball. Ma l’orientamento della WBSC di fissare il limite di 7 inning a tutte le partite internazionali dopo le Olimpiadi di Tokyo sarebbe una svolta epocale che non potrebbe non essere apprezzata da chi sostiene che anche il baseball, come tutti gli altri sport, abbia bisogno di evolversi e adattarsi al mondo che cambia. Passare da 9 a 7 inning sarebbe un passo avanti indispensabile per rendere questo sport più “digeribile” da un potenziale pubblico che non accetta di stare seduto in tribuna a vedere una partita per più di tre ore. Per non parlare delle esigenze televisive che ormai stanno cambiando – e in alcuni casi stravolgendo – moltissimi sport.
Personalmente, avrei immaginato un percorso diverso, partendo magari dalle serie minori di qualche campionato nazionale. Pensavo che si potesse cominciare a sperimentare il cambiamento, ad esempio, dalla nostra C (dove due inning in meno tante volte eviterebbero partite strazianti) per poi passare gradualmente alla B e così via. Invece Riccardo Fraccari, a cui va dato atto di voler prendere questa decisione coraggiosa e fondamentale, è già andato oltre decidendo di cominciare ad inserire i 7 inning nei mondiali Under 23 del prossimo anno per poi eventualmente estenderli a tutte le manifestazioni dopo le Olimpiadi del 2020. Si è discusso e si studia da anni il modo di limitare il tempo delle partite, accorciando i tempi tra un lancio e l’altro, limitando tante situazioni marginali, scaricando la colpa sugli arbitri, ma nessun provvedimento ha avuto efficacia. Quindi l’unico modo certo per ridurre i tempi resta solo quello di disputare meno inning. Una decisione che in Italia, ad esempio, potrebbe finalmente cercare di risolvere il nostro problema fondamentale che però tutti rimuovono, ovvero la necessità di riportare gente sulle nostre tribune. E come puoi portarcela se a chi tenta di avvicinarsi al nostro sport proponi partite interminabili che sforano quasi sempre le tre ore? E non sempre, purtroppo, tre ore di bel gioco.
Un esempio? Delle quattro finali scudetto dell’ultima stagione, due sono rimaste appena sotto le tre ore, una è arrivata a 3 ore e 40 minuti e una, quella decisiva tra l’altro, addirittura a 4 ore e 5 minuti. E senza inning supplementari! Questo significa che, essendo iniziata alle 20.30 (per fortuna, perché di solito abbiamo anche la meravigliosa abitudine di iniziare alle 21…), la partita ha tenuto la gente allo stadio fino all’1.05! Ma quale sport prevede delle manifestazioni che si concludono a quest’ora? Quale sport inizia una partita un giorno e la finisce il giorno successivo? Ma d’altra parte, qualche anno fa, siamo riusciti ad assegnare uno scudetto intorno alle 2 di notte in una indimenticabile finale giocata a Bologna…
Ora, capisco che il masochismo sia un nostro fedele compagno di viaggio, ma mi chiedo quale genitore possa portare un figlio allo stadio e tenerlo lì fino a quell’ora… Ma anche quale persona normale (e non maniaca come la maggior parte di noi) possa starsene allo stadio fino a quando non circolano nemmeno più gli autobus… Senza parlare di certe partite di A2 (che è pur sempre la seconda serie nazionale e che dovrebbe cercare anche lei un suo pubblico) che si iniziano alle 11 e si protraggono fino alle 14 passate, magari in pieno luglio sotto un sole che brucia i cervelli… E poi ci si stupisce che sulle tribune non restano più nemmeno le fidanzate…
I puristi urleranno che il baseball si gioca così dal 1846, ma forse a quei tempi la gente viveva con altri ritmi. Si dirà che con due inning in meno sarebbe un altro sport, ma non mi risulta che il tennis a tre set sia diverso da quello a cinque. E poi, come il tennis ha lasciato i 5 set (introducendo i tie-break tra l’altro) solo nei tornei dello Slam, il baseball potrebbe lasciarli solo alle Major league. Anche la boxe non disputa più i mondiali su 15 round. E la pallavolo ha abolito addirittura il cambio palla, in questo caso cambiando radicalmente lo spirito del gioco, ma la gente non si è allontanata, anzi…
Si dice che i 7 inning snaturerebbero il baseball, ma nel contempo nessuno si ribella alla regola – questa sì assurda, se vogliamo – che rende valido il risultato persino al 5° inning in caso di pioggia… Almeno nell’altro caso le partite sarebbero tutte regolari e non verrebbero decise dal meteo.
E non ho sentito nemmeno urlare i puristi per l’assurdità di un campionato mondiale (World Baseball Classic), che dovrebbe rappresentare l’evento massimo di uno sport di squadra, in cui le nazionali erano costrette (dagli americani) a contare e limitare i lanci dei pitcher, come se fosse il campionato cadetti. In quel caso le regole del baseball non erano snaturate?
Coraggio, anche il baseball prima o poi dovrà entrare nel XXI° secolo. Serve solo un po’ di inventiva, di ricerca. E a mio conforto cito un articolo scritto da Franco Imbastaro (che la Fibs ha giustamente indotto nella Hall of Fame e che riteniamo un maestro di tutti noi giornalisti del baseball), scritto nel lontano 1973, in cui propone addirittura la validità del pareggio (altro tema condivisibile almeno in campionato) e lo strike out anche su palla sprizzata in foul: “Forse talune di queste proposte faranno inorridire i puristi del baseball – scriveva Imbastaro -, ma si tenga presente che le innovazioni sono sempre restie ad essere accettate ed inoltre si tenga presente che molte delle attuali regole vennero stabilite ad uso e consumo esclusivamente dei campionati (professionistici…) degli Stati Uniti. Orbene nel rugby, sudafricani e neozelandesi per anni hanno, in casa loro, ignorato talune regole internazionali giocando senza calciare in touche dai 22 metri, regola che venne più tardi ufficializzata dall’International Board… Perché non essere anche noi dei precursori?”
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