Presidente, ci siamo. Comincia una nuova stagione agonistica e si riaccendono i riflettori sulla serie A. Si ritiene soddisfatto di questa formula e quali benefici pensa abbia portato?
“Penso che, come ogni cambiamento molto profondo, anche la fusione di A1 e A2 Baseball necessiti dei giusti tempi di assestamento e di un certo numero di ‘ore di volo’ per capirne appieno gli effetti. Sicuramente quello che possiamo già vedere è il ritorno di realtà molto importanti per il movimento nella massima vetrina, parlo di Rimini e Grosseto, e il consolidamento di progetti che, a medio termine e con i giusti assestamenti garantiranno alla serie più importante del baseball una presenza e una copertura d’interesse veramente a respiro nazionale, o quasi. Pur comprendendo il lavoro encomiabile di alcune società di vertice e il loro impegno per l’eccellenza tecnica e organizzativa, quello che non era più sostenibile, secondo me e il Consiglio Federale, era il progressivo restringimento a un torneo di poche squadre e poche aree del territorio. Lo scorso anno, la Fortitudo a Castelfranco Veneto o il San Marino a Lastra a Signa hanno portato, e potuto vivere, un grande entusiasmo e questo sentimento non può che far bene a tutto il movimento. Sono certo che esporteranno così anche il loro “fare” e tutti assieme così cresceremo”.
Anche quest’anno però la serie A ha perso due club. E’ preoccupato da questo trend? Il rischio che altre squadre decidano di abbandonare c’è, peraltro anche in un campionato in teoria più economico…
“È un vero peccato avere perso la Sicilia con il ritiro di Paternò e una tradizione come quella di Montefiascone. È possibile che ci siano situazioni che necessitino di più tempo e programmazione per affrontare un passo che, seppur scalabile e a diverse velocità, porta le esigenze tecniche ad un livello un po’ più alto. Credo, ripeto, che sia fisiologico, ma anche che il risultato finale porti nuove energie e interesse al baseball di massimo livello, così come l’occasione a tanti atleti in più di mostrare e sviluppare le loro capacità. Le difficoltà economiche ci sono, non si può negarlo, così come è evidente lo sforzo molto importante che abbiamo fatto a supporto del movimento, in particolare negli ultimi due anni di Covid. Tutte le attività, non solo sportive, che non incarnano i grandi interessi mainstream fanno molta fatica a raccogliere interesse, risorse, praticanti, pubblico. Probabilmente certe pause sarebbero state necessarie anche in categorie inferiori. La nuova Serie A è nata proprio per aumentare le potenzialità del prodotto di tutti, perché è molto difficile proporre a pubblico, media e sponsor un’attività in gran parte ridotta in pochi chilometri. Poi è chiaro che ogni club debba ragionare e modulare sulla base delle risorse il proprio progetto che non può essere ridotto solo al mettere in campo la squadra, ma è molto più complesso, oggi più che mai, se si vuole catturare interesse e partecipazione”.
La crisi del pubblico è sotto gli occhi di tutti. E’ rassegnato o cosa pensa di fare per cambiare questa situazione?
“Come dicevo, il trend degli ultimi anni tende a escludere molte attività che non offrono tutta una serie di caratteristiche che i potenziali ‘clienti’ si aspettano. Parlo, ancora una volta, di spettatori, praticanti, famiglie, media, imprese. Mi pare che quello che è sotto gli occhi di tutti è proprio la concentrazione dell’attenzione verso pochi super-soggetti, lasciando per le proposte alternative veramente le briciole. È però vero che le nicchie possono contare sulle nuove opportunità che il digitale mette a disposizione per coinvolgere appassionati nuovi e vecchi e invogliarli a vivere esperienze diverse, anche ‘analogiche’ che devono però essere qualitativamente positive e gradevoli. È proprio questo il percorso che stiamo facendo, devo dire con molto interesse da parte dei club”.
Parliamo anche di allargamento della base e di promozionali: quali iniziative avete in mente di lanciare, potrebbe essere utile il Baseball5?
“Sono diversi i programmi in corso, condotti anche e soprattutto attraverso i Comitati e i Delegati Regionali e con l’indispensabile supporto dei club. Questi sono poi integrati da progetti nazionali, su tutti cito, specificatamente per il reclutamento giovanile, Prime Basi, che abbiamo lanciato in piena pandemia e che riprenderemo quest’anno. Ma la formazione di educatori e tecnici con particolari competenze didattiche, così come le attività, sempre più importanti, di inclusione sociale rappresentano una quota non piccola del nostro impegno in modo continuativo. Certo il Baseball5 è una grande opportunità, nella quale da subito abbiamo creduto, con il Trofeo CONI. È una strada tracciata e direi obbligata, facilmente organizzabile anche dove il baseball, il softball e gli impianti dedicati non sono presenti. Un dato qui però voglio citarlo: 4.810 nuovi atleti nel 2021 e superamento ampio della soglia psicologica dei 22.000 tesserati. Questi nuovi ragazzi e ragazze valgono il 20% di nuovi appartenenti alla famiglia del baseball e del softball italiano e arrivano dopo la pandemia superando anche i numeri di prima del Covid. Possiamo fare meglio? Assolutamente si. Ma ogni tanto bisognerebbe guardare le cose con fare oggettivo e non soggettivo”.
Le partite sono spesso troppo lunghe: l’adozione della formula 7 inning potrebbe essere estesa in futuro anche a tutta la stagione?
“È un altro di quegli aspetti che necessitano di un po’ di tempo per essere metabolizzati, ma personalmente credo di sì. La durata eccessiva delle partite è un problema molto sentito anche per chi del baseball fa business e non promozione sportiva, come la MLB, che nelle Minor sta da qualche anno sperimentando soluzioni nuove e rivoluzionarie in questo senso”.
Tema Nazionale: dopo il flop europeo avete previsto un piano di rilancio per la squadra azzurra? A proposito di Mike Piazza, come valuta il suo operato finora? Non crede che bisognerebbe sfruttarlo di più come uomo immagine?
“Un bronzo con una squadra decisamente nuova e giovane non lo chiamerei proprio un flop. La sperimentazione continuerà quest’anno, privo di impegni ufficiali, in vista dell’Europeo 2023, mentre ovviamente il cantiere azzurro per il World Baseball Classic è già aperto da tempo e con l’obiettivo, dichiarato da subito anche da Mike Piazza, di fare convergere il più possibile i programmi. Mike ha le idee chiarissime, che sono anche le mie, su quello che occorre fare: la sua concentrazione è totale sullo sviluppo di una scuola italiana a lungo termine. Ovviamente occorrono risultati, ci mancherebbe, ma le vittorie passano da un progetto tecnico solido e coerente nel tempo. Mike si è messo a disposizione, col suo nome e la sua persona, per la causa azzurra e il prossimo Classic, con l’attenzione mondiale che attira, sarà un passo importante di affermazione per l’Italia del baseball a livello internazionale”.
Attività giovanili, in Europa tutti gli altri Paesi crescono, noi invece arranchiamo… che idea si è fatto?
“Esattamente quanto ho già detto: dallo scorso anno non esistono gli staff azzurri, c’è uno staff azzurro che lavora in sinergia, con il coordinamento di specialisti, cito Gianmarco Faraone e Bobby Cramer, che si sono messi a tempo pieno al servizio del progetto e dei coach che guidano tutte le nostre selezioni. Su tutto l’occhio vigile di Mike, con l’obiettivo che la sua impronta sia sensibile e cruciale nella ‘via italiana al baseball’. Il tutto, ovviamente, senza dimenticare che, fortunatamente, ci sono diversi altri paesi che stanno crescendo: non siamo più negli anni della dicotomia Italia-Olanda; non ci siamo più da tempo, chi non se n’è ancora accorto è quantomeno distratto. Ed è distratto anche quando non vede (o fa finta di non vedere) che la crescita di alcune realtà è avvenuta perché un privato ha fatto ingenti investimenti che le singole federazioni non possono certo fare”.
Restando in Europa, la MLB conferma l’interesse per il Vecchio Continente e dopo Londra apre anche a Parigi. Ma in Italia non arriva nulla. Come mai?
“Intanto è bene distinguere i programmi di business, come le European Series, e quelli tecnici di sviluppo. Per MLB l’Italia, Roma sono un sogno e un obiettivo da quasi 20 anni. Purtroppo non esiste, al momento, nella nostra capitale, e nel nostro paese, un impianto che possa ospitare un evento del genere. Costruire uno stadio del baseball in Italia è un’impresa pressoché impossibile, convertire altri impianti non è purtroppo realizzabile. E Wembley o lo Stade de France non sono certamente stadi da baseball. Diverso è il discorso per i programmi di sviluppo che, lo ribadisco, non sono lo scopo aziendale della MLB. In questo senso l’arrivo di Jim Small alla guida del dipartimento internazionale, ha riaperto un dialogo che si era interrotto da troppo tempo e, contestualmente nuove, molto solide opportunità”.