Non c’è due senza tre, recita il vecchio adagio, e Andrea Marcon, presidente uscente della Fibs, tenta la strada del terzo mandato.
Soddisfatto dei primi due?
“In pace con me stesso. Abbiamo attraversato un periodo complicato, dal Covid alla riforma dello sport, ci sono state le gravi perdite di Bill Holmberg ed Enrico Obletter, ma abbiamo anche realizzato quella che mi piace definire una rivoluzione gentile. Con tanti lati positivi e qualcuno negativo”
Quali sono i positivi?
“Il primo è riferito al Covid, non abbiamo perso società, al contrario di altre discipline, e siamo stati i primi a tornare in campo. Questo è stato possibile perché c’è un tessuto che ha collaborato. Poi abbiamo vinto delle competizioni, direi che lo abbiamo fatto abbastanza, ma al di là di quello che è stato sul campo, c’è stato il ritorno per i territori che hanno ospitato manifestazioni. Poi non va dimenticato che la federazione ha tenuto i conti in ordine, dimezzando il peso economico per le società che al contrario di quello che avveniva prima, ora pagano tutte”.
Bastano i conti in ordine?
“Sono importanti, senza contare che avevamo una federazione con un bilancio da 4,5 milioni che sono diventati 9, grazie all’intervento di sponsor e istituzioni, senza essere nel programma olimpico. Questo non si costruisce da oggi a domani ed è qualcosa che si realizza grazie ai rapporti che abbiamo costruito”
Quali?
“Anzitutto con sponsor ed enti che erano lontani dal nostro mondo, ma non è tutto”
Cioè?
“C’è quello che abbiamo fatto per esportare il marchio Italia nel mondo, i contatti con le comunità negli Stati Uniti, in Canada, e i primi dati che abbiamo in tal senso sono molto incoraggianti. Li avremo definitivi a breve, ma quello che emerge è sorprendente e ci dice che su questa strada è stato fatto tanto. C’è stata, poi, l’organizzazione di eventi e manifestazioni che hanno lasciato tanto in termini di impianti e ricadute uniche, di sei volte rispetto a quanto è stato investito”.
E quelle negative? Cosa non rifarebbe?
“Con il senno di poi siamo bravi tutti, va sempre contestualizzato cosa si sceglie. Potevamo fare meglio in certi momenti, vero, ma io nel contesto penso che davvero abbiamo avviato una rivoluzione gentile. La Fibs, nonostante chi dice il contrario, è una federazione dinamica, dove si collabora anche con realtà importanti, capace di essere al passo. Poi possono esserci stati degli errori ma fa parte dei rischi che si corrono. Ripeto, con il senno di poi è facile”
Possiamo dire oggettivamente, però, che l’attrazione del nostro campionato non è il massimo. In particolare, cosa risponde a chi contesta le partite a 7 inning?
“Il problema non è se giochi 9 o 7 inning, bensì rendere attraente il campionato e quindi se hai o meno attenzione. Nell’ultima stagione qualcosa di buono si è visto, in particolare nelle fasi finali, ottime giocate, il pubblico si è riavvicinato sempre nella parte dei play off, mi rendo conto che si deve lavorare in questo senso, su ciò che offri, cosa è attraente, il problema non sono i 7 inning, peraltro chiesti dalle società”
E qual è, allora?
“Siamo in un mondo totalmente diverso se persino negli Stati Uniti, i figli di chi ha seguito il baseball per una vita e sono appassionati, preferiscono guardare gli highlights ogni tre inning sul sito della Major piuttosto che seguire le World series dal vivo o in tv. Con questo occorre fare i conti, anche loro si stanno interrogando”
Torniamo alla gestione. Avete chiuso l’accademia nazionale che adesso, però intendete riaprire. Ci avete ripensato?
“L’accademia nazionale è stata chiusa quando non potevamo più andare avanti perché c’erano difficoltà nei rapporti con le scuole, per esempio, poi è arrivato il Covid. Abbiamo avviato un percorso diverso, allora, che parte dal territorio con le accademie regionali e arriva fino a quella nazionale che tornerà a essere centrale, in una struttura che però possa fornirci tutte le garanzie possibili anche dal punto di vista dell’istruzione scolastica dei ragazzi”.
A livello di promozione pensa che il baseball 5 possa essere un veicolo?
“Lo è già adesso, si pratica in 874 istituti scolastici, 204 hano partecipato a competizioni, in 17 delegazioni regionali ci sono attività e 7 selezioni hanno partecipato autonomamente al Kinder Coni. Negli ultimi 4 anni abbiamo formato oltre 2000 istruttori, docenti di educazione fisica che sono diventati i principali fautori di questa disciplina. Il dato più importante è che prima eravamo noi a proporre alle scuole il Baseball 5, ora sono loro a cercarci. Il compito che abbiamo è di portare questi ragazzini sui campi da gioco. Intanto abbiamo raggiunto l’obiettivo di ospitare nel 2026 il mondiale in Italia”
I risultati della Nazionale non sono stati come ci si aspettava, l’obiettivo è Los Angeles 2028. Fiducioso?
“Molto più che nel 2016, quando si doveva andare a Tokyo. Le Olimpiadi sono il nostro obiettivo principale, il nostro manager Mike Piazza che è una bandiera del baseball mondiale e ci sta dando un grande aiuto nel diffondere il marchio Italia, insieme allo staff tecnico, stanno lavorando per questo. Abbiamo collaborazioni con realtà oltre oceano, ma sempre più nostri ragazzi che fanno esperienza negli Usa, firmando con realtà professionistiche o attraverso borse di studio. Andare a Los Angeles sarà l’obiettivo per il quale lavoreremo nel prossimo quadriennio”
E per il softball? Certo dal mondiale in Italia ci si aspettava di più…
“Anche per il softball le Olimpiadi sono l’obiettivo, vogliamo portare entrambe le squadre alla competizione. Lo so che il mondiale è andato male, sportivamente è stato un disastro, potremmo parlare di partite perse di un punto o errori che ci hanno penalizzato ma cambierebbe poco. Sono due le cose importanti, le ricadute per il territorio e il fatto che le ragazze, un mese dopo, mettendo da parte quello che era successo, sono andate a vincere l’Europeo”
Un appello alle società, soprattutto a chi non la pensa come lei?
“Non mi piacciono dichiarazioni a effetto, siamo quattro candidati, sarà una bella prova di democrazia e partecipazione. Io posso solo garantire che come è stato in questi anni mi impegnerò al 150%. Alla fine, chi era contro il progetto si è ritrovato al mio fianco, lasciando da parte le scorie e lavorando assieme, mi sembra un buon segnale ma adesso la parola spetterà all’assemblea”.
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